Verso Al Khazneh: il Tesoro nella roccia
«La montagna sta qui, ma per godere il panorama bisogna avere i piedi per scalarla». (Friedrich Hebbel, Diari 1835/63)

Lontano dalle comodità moderne, a 230km da Amman (capitale giordana), dove il sovrano indiscusso, il Wadi Musa, si distende per chilometri sotto il sole e le rocce, si ergono in monumenti vorticosi... immersa nel silenzio del deserto, si estende un gioiello incastonato nella roccia. Un gioiello del colore del fuoco, sudato, battutto, levigato da innumerevoli mani, che a distanza di duemila anni ha conservato una storia respirata da diverse realtà e ancora oggi si fa portavoce di chi in tutto questo tempo l’ha chiamata casa. Benvenuti nella calda Petra: sito archeologico, dal 1985 una meraviglia riconosciuta come parte del patrimonio UNESCO.
Le prime testimonianze rinvenute da Petra risalgono circa al 7000a.C, si tratta di villaggi neolitici rurali situati sul posto, portati alla luce solo nel 1950. In origine fu parte del territorio edomita, ma i veri protagonisti e fondatori, legati al nome stesso della città incavata, furono i nabatei: popolo di mercanti e guerrieri insediatosi verso il VI sec a.C, che sfruttò le proprie conoscenze evolute e le proprie ricchezze per costruire la città. Gli scribi idearono un proprio sistema di scrittura organizzato in simboli, da cui deriva la cultura araba, mentre è ad esperti ingegneri idraulici che si devono importanti costruzioni atte alla difesa della città: dighe, canali, cisterne (riconoscibili grazie ad alcuni solchi scavati nelle pareti).
Anche bizantini e romani (nel 106 d.C) fecero il loro ingresso a Petra, fino a quando i terremoti del 363d.C e successivamente quello del 551d.C non la devastarono mettendola in ombra per molto tempo. Fu solo nel 1812 che il ricordo tornò vivido grazie all’esploratore svizzero Johann Ludwig Burckhardt, che mosso dalla curiosità di antiche narrazioni, sul viaggio da Damasco all’Egitto si imbatte nella Città Antica e, a cavallo, travestito da beduino musulmano, varcò la soglia spianandoci la strada.
In questo articolo viaggeremo a piedi, ma siete liberi di noleggiare un asino, oppure un cammello se volete assaporare l’aria orientale... dovete sapere che in parte, Petra, fu costruita per onorare i defunti, infatti sugli 800 siti classificati, 500 sono tombe. Alla più importante ci arriveremo solo inoltrandoci nel Siq (gola); davanti al quale fino al XIX sec a.C, sormontava un’imponente arco, ad oggi riconoscibile solo dai resti di roccia calcarea. Erroneamente molti lo definiscono canyon, si tratta in realtà di una faglia geologica prodotta da forze tettoniche, le cui pareti si innalzano fino a 200m creando giochi di ombre e colori che fanno capolino dai punti luce e ci accompagnano lungo il cammino sull’antica via sacra. Percorreremo il corridoio roccioso, levigato dall’acqua, per circa 1,2km lungo un sentiero sabbioso che a tratti distinti si allarga o si stringe. Noterete che chiamarla “città Rossa” non è sbagliato, il colore delle rocce parla da sé e una volta arrivati in fondo alla gola, vi sorprenderete nel vedere il tesoro (soprattutto dalle 9 alle 11 del mattino) illuminarsi d’oro e cambiare tonalità in base ai diversi orari, sotto la luce senza filtri del sole. Vi trovate di fronte alla tomba che più ha incantato gli spettatori, la tomba del re nabateo: Aretas III, in seguito usata come luogo di ritrovo e culto. Ispirò artisti di tutto il mondo e fu scelta come sfondo del celebre film che sicuramente ricorderete: “Indiana Jones and the Last Crusade” del 1989.
Al Khazneh, in lingua “il Tesoro”, largo 30m e alto 45m, chiamato così in quanto gli antichi pensassero che dietro l’urna alta 3,5m, durante l’inseguimento degli israeliti, il Faraone vi avesse nascosto il suo tesoro. La facciata è in stile ellenistico, scolpita agli inizi del I sec d.C in una parete di arenaria ferrosa e rosata, decorata con figure mitologiche e divinità nabetee. È ben visibile la netta separazione tra la parte superiore, dove le colonne presenti sostengono capitelli in stile nabateo, e quelle sottostanti in stile corinzio. Al centro della struttura, un tempietto circolare, il “tholos”, ospita tre figure dallo sguardo fiero, la statua al centro rappresenta la divinità Tyche mentre ai lati due amazzoni l’accompagnano.
Il tempio in seguito fu soggetto a saccheggi, l’urna fu crivellata in cerca della ricchezza, lasciando una voragine dalla quale ci è permesso spiare l’interno, ad oggi disadorno. Ciò che è percettibile vedere sono: la grande sala centrale, le nicchie laterali e un vano in fondo alla struttura, a cui ormai non si può più accedere. Due scalinate si arrampicano ai lati del tempio terminando con l’accesso a due celle (tuttora accessibili), pensate per sacerdoti e guardie, in difesa del mausoleo.
Ora, dovete sapere che non è una passeggiata e via, il sole scotta, la pelle suda, le ginocchia tremano per il tanto camminare, questo è il prezzo che Petra chiede per farsi ammirare.
Matilda Balboni