Uomini e topi: tragedia e denuncia
“Uomini e topi” è un classico della letteratura americana e mondiale; un libro talmente breve quanto incisivo. In poco più di cento pagine infatti l’autore, John Steinbeck, riesce a condensare moltissime tematiche senza mai cedere alla superficialità o al patetismo; con una prosa precisa e asciutta, senza manierismi, ma non per questo scarna.

Proprio per questi motivi, ovvero “per le sue scritture realistiche ed immaginative, unendo l'umore sensibile e la percezione sociale acuta" Steinbeck ricevette nel 1962 il Premio Nobel per la letteratura.
La vicenda narrata in “Uomini e topi” è ambientata in California, in un’America desolata e rurale, segnata dalla Grande Depressione, dove gli uomini lavorano a cottimo nei campi, spostandosi da un ranch all’altro senza alcuna prospettiva e sicurezza finanziaria. Ormai abituati a quello stile di vita, senza più sogni o speranze, i lavoratori nei ranch spendono tutto il loro stipendio il sabato sera per andare al bordello.
È proprio da questo che si differenziano i protagonisti, George Milton e Lennie Small; perché loro hanno un sogno: quello di una casa tutta per loro, dove poter vivere dei frutti della terra senza dover più lavorare per nessuno, dove poter godere dei piaceri semplici, come una stufa e la pioggia che batte sul tetto.
George e Lennie sono molto diversi eppure uniti da un affetto profondissimo. George è minuto, ma sveglio e scaltro, Lennie invece coniuga una forza fisica fuori dal comune a un ritardo mentale che lo rende in tutto e per tutto un bambino, incapace di badare a sé stesso senza un adulto al suo fianco, George appunto.
Il primo uomo era piccolo e lesto, scuro in volto, con occhi acuti e irrequieti, e lineamenti affilati e marcati. Ogni suo tratto era definito: mani piccole e forti, braccia sottili, naso stretto e ossuto. Dietro a lui procedeva il suo opposto, un uomo enorme, dal volto senza forma, con occhi grandi e chiari, e ampie spalle ricurve; camminava pesantemente, strascinando i piedi, al modo in cui un orso trascina le zampe.
La forza e l’intelligenza: George e Lennie si completano, e per questo lavorano insieme ma soprattutto vivono insieme, vagando di ranch in ranch.
George non approfitta mai del ritardo di Lennie, non lo sfrutta mai a suo vantaggio. Il sentimento che li lega è quello dell’amicizia, della tenerezza. George cerca di proteggerlo con le sue maniere in apparenza brusche da un mondo ingiusto, che corroso dal pregiudizio lo odia perché diverso, inadeguato.
Ma Lennie non è il solo fra gli esclusi di “Uomini e topi”. Lo è anche Crooks, lo stalliere storpio del ranch, escluso perché di colore e costretto a dormire nel ripostiglio dei finimenti perché nessuno lo vuole nella baracca principale. Lo è Candy, l’addetto alle pulizie che da quando ha perso il braccio ha paura di essere cacciato via perché ormai inutile, come inutile è il suo cane, troppo vecchio per servire a qualcosa, e che proprio per questo viene abbattuto.
Candy e Crooks, proprio perché ultimi e dimenticati, si uniscono (o meglio, si aggrappano), al sogno di George e Lennie; sono pronti a impegnare tutti i loro risparmi perché venga concretizzato. In un certo senso, quello è il loro modo di non morire.
Ma “Uomini e topi” non è una storia a lieto fine. È al contrario in tutto e per tutto una tragedia e al tempo stesso una denuncia; una narrazione sui vinti, sugli ultimi, che coltivano il sogno di un futuro migliore, ma che con crudeltà, a un passo dall’obbiettivo, vengono ricacciati da dove provengono.
Articolo a cura di: Maria Luisa Da Rold