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Unlimited Love: i Red Hot Chili Peppers tornano alle origini con il ritorno di Frusciante e Rubin

La storica band californiana pubblica il suo dodicesimo album in studio e celebra il ritorno ai concerti dal vivo con suoni coinvolgenti che tornano al passato senza alcun senso di nostalgia ma con grande voglia di ri-affermazione futura.



Dopo sei anni dalla pubblicazione del divisivo “The Gateway” i Red Hot Chili Peppers tornano in studio con “Unlimited Love”, album caratterizzato da due grandi ritorni, quello di John Frusciante, lo storico chitarrista della band e Rick Rubin, il produttore che ha contribuito, con “Blood Sugar Sex Magik” del 1991, a cambiare per sempre il destino della band di Los Angeles.


Unlimited Love conta ben 17 brani, nati sia da jam session sia da idee che Frusciante e Kiedis avevano in cantiere da qualche mese. Si alternano generi più disparati, sonorità frizzanti e citazioni al passato, nonché qualche ballad trascurabile ma ininfluente sull’ottimo risultato finale. Nel complessivo la proposta si presenta come un ponte con il passato che sorvola, che sia piaciuto o meno, quanto prodotto con Josh Klinghoffer, tanto che “I’m with You” e “The Getaway” sembrano essere solo un ricordo lontano. L’album bussa alle porte delle vecchie produzioni, come se si volesse vivere una seconda giovinezza, che però si guarda bene da una rischiosa ripetizione di genere dettata da nostalgia e rimpianti.


“Acquatic Mouth Dance” e “She’s a lover” sono i brani che più di tutti ricordano gli albori del gruppo. Flea si diverte e (ri)costruisce con Frusciante un’alchimia che non è andata mai persa, anzi. Il chitarrista brilla in Let ‘Em Cry, salva la dimenticabile The Heavy Wing e nel resto delle produzioni si limita a servire la voce di Anthony Kiedis. In mezzo ci sono canzoni come “The great apes” e “It’s only natural”, due brani meno frenetici e più aperti, capaci di far scorgere il lato più emozionale.


Il disco della band di L.A. è intelligente, fluido, equilibrato, a tratti elegante ma la il suo punto di forza è la consapevolezza di che il tempo scorre per tutti e che i tempi di “By the Way” e “Suck my Kiss” sono lontani ma la voglia di suonare e stupire è rimasta intatta e la fine dello stato emergenziale può dare il LA ad una seconda fase della carriera dei RHCP, quella del consolidamento della loro storia e di una maturità tanto agognata che i fan si aspettano dal 2006, con la pubblicazione di “Stadium Arcadium”. Non ci resta che dare il bentornato ai ragazzacci di cui mi innamorai follemente da quell’esibizione a Woodstock, quando scoprì che anche un semplice calzino può rivelarsi provvidenziale per la buona riuscita del live. Provare per credere.


Articolo a cura di: Giuseppe Mafrica

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