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Una “miopia alcolica” contro ansia e stress

“Non bisogna abbandonare il cuore alle sventure […]. Esiste una medicina, la migliore: portiamo qui il vino e inebriamoci.” (Alceo, fr. 37)

La citazione proviene da un’opera di Alceo, autore appartenente alla letteratura della Grecia Antica. Questo Frammento è solo uno dei tanti esempi di una tradizione lunga almeno 2.500 anni, secondo cui assumere alcol migliora l’umore, riduce ansia e preoccupazioni.



Oggi l’alcol è la sostanza psicotropa più usata al mondo, con alcune differenze etniche e di genere. Gli effetti inebrianti variano a seconda della quantità assunta, della presenza di cibo nello stomaco e dell’efficienza dell’organismo nello smaltire l’etanolo, una molecola in grado di alterare l’attività cerebrale. Il sistema nervoso centrale (encefalo e midollo spinale) è protetto dalla barriera ematoencefalica, una struttura che impedisce l’accesso di tossine presenti nel sangue, ma che è permeabile a sostanze necessarie al corretto funzionamento del sistema cerebrale. L’etanolo, nonostante sia una tossina, è in grado di superare la barriera ematoencefalica e di alterare quindi l’attività del cervello. Tale alterazione consiste in un aumento di serotonina, che provoca nel breve periodo un miglioramento dell’umore e della socievolezza. In aggiunta, l’etanolo favorisce un incremento di dopamina e oppioidi endogeni, neurotrasmettitori coinvolti nell’azione gratificante e nella dipendenza. Come ben sappiamo, l’alcol contribuisce anche al rallentamento del pensiero, provocando difficoltà di memoria e di concentrazione. Le proprietà ansiolitiche sono dovute all’interazione con il neurotrasmettitore GABA, proprio come accade per benzodiazepine e barbiturici.


La capacità dell’alcol di ridurre la tensione viene definita con l’acronimo SRD (Stress-Response Dampening). Numerosi ricercatori si sono occupati di studiare l’SRD, scoprendo che non sempre l’alcol ha effetti ansiolitici ma anzi, in alcuni casi può intensificare uno stato di tensione preesistente. Lo Stress-Response Dampening è più probabile in presenza di distrazioni (e.g. bere in compagnia) e se l’assunzione di alcolici avviene prima dell’esposizione a una situazione ansiogena. Steele e Josephs si riferiscono alla prima condizione definendola “miopia alcolica”, per cui la capacità cognitiva ridotta dovuta all’alcol permette di focalizzare l’attenzione solo su stimoli immediati, piuttosto che su pensieri astratti e remoti. Per quanto riguarda il secondo aspetto, M. A. Sayette ha messo a punto l’Appraisal-Disruption Model. Secondo questo modello, l’alcol interferisce con l’esame di nuove informazioni potenzialmente ansiogene, inibendo la capacità di valutarle a fondo. Se invece lo stimolo, fonte di stress, è stato già processato come tale, una successiva somministrazione di alcol non sembra avere effetti positivi.


Esistono alcuni fattori che rendono un individuo più sensibile agli effetti ansiolitici dell’alcol. Tale sensibilità corrisponde a un rischio maggiore di abuso e dipendenza. Alcuni di questi fattori sono una storia familiare di alcolismo, le caratteristiche della personalità, il livello di ansia sociale e il funzionamento cognitivo. Persone con una storia generazionale di alcolismo rischiano di sviluppare una dipendenza simile, a causa di un’elevata reattività fisiologica all’alcol. Inoltre, una personalità nevrotica e impulsiva sembra predisporre all’abuso di alcol. Individui che sperimentano disagio nelle situazioni sociali, possono ricorrere frequentemente all’alcol per alleviare la tensione e lo stress da feedback negativi. Infine, soggetti con difficoltà cognitive sembrano sperimentare un elevato livello di SRD.


Detto questo, raramente un aperitivo di troppo fa degenerare nel puro alcolismo. Occorre però essere prudenti e sempre consapevoli che l’alcol può diventare un comodo espediente per far fronte allo stress e all’ansia, trasformandosi in un’abitudine che può essere difficile da sradicare.


Articolo a cura di: Isabella Rancan



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