Una cosa divertente che non farò mai più, o almeno credo
Aggiornamento: 24 nov 2020
David Foster Wallace si ritrova su una nave da crociera extralusso, su commissione della rivista “Harper’s”.

Un viaggio dalla Florida ai Caraibi andata e ritorno, una settimana per scoprire cosa si cela in una di queste vacanze in cui i passeggeri, viziati e coccolati, saranno, perché devono esserlo, trattati con i guanti. In modo ossessivo e misterioso. L’equipaggio sembra quasi essere stato addestrato per dare un servizio perfetto, dalla cameriera Petra che sa esattamente quando riordinare la camera (lasciando una caramella sul cuscino) al cameriere Àgoston che sembra quasi felice di pulire l’aragosta al posto dei clienti. E qui entra in gioco la vena narrativa di David Foster Wallace, in grado di scavare nei retroscena di quesa sorta di spettacolo messo in atto, un equipaggio formato da individui che probabilmente ti vedono come un incapace. E, infine, un’analisi psicologica su di sé. Sul modo in cui, nei primi giorni, cercava di distinguersi dagli altri vacanzieri, comportandosi in maniera gentile con i camerieri e tanti altri, mentre a distanza di pochi giorni trova assurdi i 15 minuti di attesa del servizio in camera o il fatto di dover pagare le bibite.
“É abbastanza? In quei momenti non sembrava mai abbastanza.”
Dopo un’iniziale malinconia, “Una cosa divertente che non farò mai più” ti mostra non una, ma mille cose divertenti che, per carità, avrei voglia di fare anch’io e che, una volta fatte, forse non vorrei fare mai più: come essere battuta a scacchi da una bambina di 9 anni, tirare al piattello (o verso il piattello), e tante altre cose.
Un reportage che è quasi un romanzo, che mi sento di consigliare a chi ha voglia di leggere qualcosa di diverso dalla solita offerta culturale, una delle più consigliate opere di uno scrittore che fa tutto a modo suo. Difficile, e per questo, puro.
Serena Votano