Tutta la verità: le bugie salveranno il mondo?
Come sarebbe il mondo se tutti dicessimo la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità?

“La storia che state per vedere si svolge in un mondo dove la specie umana non ha mai sviluppato la capacità di dire bugie, e questa è una tipica città di quel mondo. Come vedete le persone lavorano, guidano la macchina, hanno casa e famiglia, ma tutti dicono l'assoluta verità. Non esistono l'inganno, l'adulazione o la finzione. La gente dice esattamente quello che pensa, e a volte non è piacevole, il fatto è, che non hanno scelta, sono fatti così.”
Così viene introdotto il film “The invention of lying”, che esplora un mondo in cui non solo l’umanità non sa mentire, ma non comprende nemmeno il concetto di finzione. Per questo le sceneggiature della casa cinematografica per cui lavora il protagonista non fanno altro che affidare a noiosi narratori il compito di interpretare racconti riguardanti Napoleone, l’antica Grecia e anche lo sfortunato 1300 della peste nera, affidato proprio a Mark (Interpretato dal noto comico britannico Ricky Gervais).
Non è il migliore dei mondi immaginabili per un uomo come Mark: Le persone, in tutta sincerità, non si creano problemi nel definirlo brutto, grasso o un fallimento. Colleghi, amici e persino amanti lo deridono in sua presenza. Licenziato, incapace di cavare qualcosa di buono dal XIV secolo, e al verde, darà una svolta alla sua vita quando scoprirà di saper mentire. I suoi entusiasmanti “film” che narrano dell’atterraggio di una volante aliena a Babilonia proprio nel 1300 fanno il tutto esaurito nelle sale cinematografiche. Mark comincia a rendersi conto di quanto potere abbia sulle persone che gli stanno attorno: una piccola bugia e un ragazzo distrutto da tutte le scomode verità, in procinto di togliersi la vita, può credere di essere simpatico, bello o talentuoso, e decidere di provarci ancora.
La vera rivoluzione si presenta quando l’unico bugiardo della specie umana scopre un modo per rendere felice l’umanità intera: la religione. In un mondo in cui la morte significa universalmente il nulla, il nostro protagonista promette a tutti una vita eterna dopo la morte, fatta di lusso, giovinezza e amore.
La pellicola sposa a pieno l’idea di religione intesa come oppio dei popoli, come sedativo per l’unica specie sulla faccia della terra a dover portare sulle spalle il peso della consapevolezza della sua mortalità. Per un pò le cose vanno alla grande per Mark. Le persone lo amano, e lui ama renderle felici. Il nostro nuovo profeta scoprirà però, a sue spese, che la cieca fede in un avvenire migliore dopo la morte, tende a rendere le persone spettatori in attesa di raggiungere una vita migliore. Tutti smettono di tentare di migliorarsi e di cambiare ciò che sta loro attorno, riponendo fiducia in un’eterna gioia dopo una vita che è solo di prova. Rimasto senza niente, si troverà a dover decidere se vivere in un mondo che ormai poggia le fondamenta sulle sue bugie, o cercare di rimediare al suo errore.
Il lungometraggio si muove agilmente tra il comico e la tragedia, definendo un mondo in cui tutta la verità rende miserabili le persone, ma la più piccola bugia può salvare dalla paura, anche quella più ancestrale e intrinseca nella razza umana: quella della morte.
Nel nostro mondo si verifica uno scontro aperto tra chi predica l’onestà assoluta per una società migliore e chi invece ritiene necessaria la “bugia bianca” per proteggere dalle verità più scomode.
Al di là della religione, l’uomo è l’unico animale che, in mezzo ad altri capaci di omettere la verità, sa anche alterarla, modificarla, rovesciarla completamente a suo favore, o a favore dei suoi simili. Non è un caso che il termine stesso persona, sia stato preso in prestito dai latini dall’etrusco “phersu”, cioè maschera. Siamo maschere, indossiamo maschere, che differenza fa? L’uomo è nato per vivere in un mondo virtuale, che ha elevato a massimo oggetto nella scala dei valori della carta stampata, che assume identità diverse a seconda del contesto, che mente, un po’ per sé stesso, un po’ per gli altri e un po’ a sé stesso.
Un film divertente, ma che nella sua ironia spinge a riflettere sui concetti di vero e falso, sulla religione, sulla fiducia e sulla nozione stessa di bugia.
E allora cos’è un film se non una finzione necessaria per parlarci di verità? Perché come disse Pablo Picasso “L'arte è una menzogna che ci consente di riconoscere la verità.”
Arianna Roetta