Trump - Biden: il decadimento del dibattito?
Aggiornamento: 27 ott 2020

Il tanto atteso primo dibatto fra Donald Trump e Joe Biden, protagonisti indiscussi delle elezioni presidenziali del prossimo 3 novembre, si è rivelato una disarmante delusione. Definito come uno dei peggiori della storia americana, il confronto fra il presidente uscente Trump, candidato per il Partito Repubblicano, e l’ex vice - presidente del governo Obama, Joe Biden, candidato vincitore delle primarie del Partito Democratico, non ha concesso agli elettori e spettatori di maturare una scelta oculata. L’evento organizzato dalla “Commission on Presidential Debates” registra persino il disappunto del suo moderatore, Chris Wallace, ancora del giornalismo televisivo americano, il quale, amareggiato, ritiene si tratti di una grande occasione sprecata.
Nonostante il celebre giornalista di Chicago avesse suddiviso il pubblico dibattito in sei segmenti, fornendo uno spazio di due minuti ad ogni candidato per poter esprimere la propria opinione, l’evento si è ben presto trasformato in una accesa e colorita discussione, ben lontana dagli standard di un confronto politico. Benché Wallace si ritenesse inizialmente soddisfatto dello scambio dialettico instauratosi fra i due candidati, dopo poche battute è stato costretto a ricredersi, riconoscendo la squallida piega che il dibattito stava assumendo, ma dimostrandosi tuttalpiù incapace di reagire: invero al giornalista pare essere imputato dal grande pubblico l’errore di essersi imposto tardivamente nella discussione, come si confà alla figura del moderatore.
La discussione prevedeva di affrontare alcune tra le tematiche centrali per il presente, ma specialmente per il futuro, degli Stati Uniti, quali: la carriera politica dei due sfidanti, la Corte Suprema, la gestione della pandemia Covid-19, l’economia, la violenza nelle città americane – con attenzione alle relative proteste e rivolte per la giustizia sociale - ed il corretto svolgimento dell’imminente elezione. Si tratta di argomenti cardine, che spesso risultano estremamente divisivi nel tessuto sociale americano, piuttosto variegato ed eterogeneo. Ciononostante, la strategia adottata dai due sfidanti – edificata sulla più becera ed insignificante delle tecniche argomentative, l’interruzione – non ha offerto risposte soddisfacenti ai quesiti posti e, al contrario, vi sono ancora più interrogativi che aleggiano. I due candidati hanno preferito, piuttosto che riflettere sulle più rilevanti criticità riscontrabili sul suolo americano, attaccare miseramente le vulnerabilità dell’avversario, ignorando spesso i richiami dell’inerme Chris Wallace.
Osservando il fallimento di una iniziativa di tale risonanza mediatica, occorre prestare attenzione ad una questione di nodale importanza: stiamo assistendo alla lenta morte e decadimento del pubblico dibattito? L’eredità greca e latina offre dei criteri ben precisi riguardo l’arte oratoria, dalla forma certamente mutevole nel corso del tempo, ma parallelamente immutabili nel loro obiettivo: produrre un monologo o dibattito estremamente convincente, il quale sappia affiancare alle tecniche persuasive delle salde verità sulle quali fondare il proprio discorso. Nello specifico, la tradizione ciceroniana insegna che l’oratore, figura intrinsecamente legata alla sfera politica, si dimostra capace e competente nel proprio ruolo di comunicatore soltanto se si conferma altrettanto erudito in diverse branche del sapere. Scegliendo consapevolmente, dunque, di estrapolare dal suo tempo questo pensiero, si palesa una questione allarmante: oggi il ruolo del comunicatore, specialmente in ambito politico, sembra ormai slegato dalla connotazione dotta di ciceroniana memoria. Anzi tale figura, nella sua veste odierna, risulta abile sfruttando l’ormai tristemente diffusa retorica del pressapochismo e del populismo: il politico capace non è più identificato nella figura che possieda una visione d’insieme, bensì in colui che, armatosi di facili promesse e ben poco solide realtà, riesca a conquistare l’animo di elettori poco attenti.
Sono ben pochi, pertanto, volendosi sforzare di cercarne, gli aspetti positivi del confronto fra Donald Trump e Joe Biden, specialmente alla luce dell’ingente quantità di dati e notizie di scarsissima affidabilità divulgate durante l’incontro. Biden, difatti, seppur distinguendosi poco dall’avversario, ha deciso di usufruire di un lessico più ricco e variegato e di rivolgersi direttamente al pubblico piuttosto che al moderatore del dibattito, munendosi di uno sguardo rivolto alla telecamera che ricorda vagamente il manifesto del patriottico Uncle Sam.
Episodi come quello sopracitato non possono che fungere da memorandum, che ci permetta di comprendere appieno l’importanza del confronto interpersonale e specialmente del diritto di voto. È forse necessario ricordare l’agghiacciante momento di silenzio e incertezza durante il quale Donald Trump ha avuto l’occasione di condannare i Proud Boys?
Antonino Palumbo