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Think pink! Breve storia di un colore non solo da femmine

Ad oggi l’idea di vestirsi colorati e di attribuire un significato ai colori è d’importanza non solo per la comunicazione di un messaggio, uno stile, per una questione di marketing o di moda; i colori ad oggi descrivono uno stile di vita, la corrente di pensiero e designano una scelta, del perché si veste, si adotta un colore piuttosto che l’altro.



Pensiamo al rosa, un colore ad oggi di purezza, nel marketing comunica amore, innocenza e gentilezza, adottato da un pubblico spesso femminile, ma è un brand utilizzato anche nel settore dell’infanzia per far percepire ai consumatori sensazioni di affetto, tenerezza, delicatezza. Audace anche, di lotta dinnanzi la questione femminista, di resistenza invece se pensiamo alla campagna di Nastro Rosa LILT for Women contro il tumore al seno, che da ben 28 anni l’ha adottato per contraddistinguere l’impegno con il quale si tenta di prevenire e sconfiggere la malattia.


Ma non da sempre la scelta di un colore piuttosto che di un altro si fa annunciatrice della scelta di stili diversi nel corso della storia. Nel Medioevo, infatti, i bambini (oggi vestiti di rosa e azzurro) non indossavano vestiti colorati. L’azzurro, per esempio, era un colore costoso sulle stoffe e non ce lo si poteva permettere. Le stoffe rosa invece non facevano parte del vestiario europeo, giacché pigmenti che si avvicinassero ad ottenere tale colorazione, ancora non vi erano pervenuti.


Nel ‘400 i mercanti veneziani importarono dall’Asia un pigmento noto come legno rosso, che se dosato permetteva di ricavare sfumature più o meno scure di rosa, colore diventato di moda a partire da quegli anni. Le corti veneziane ed in seguito quelle italiane tentarono di aggiudicarsi le stoffe più pregiate, ed in poco tempo la moda scavalcò le Alpi arrivando anche in Francia dove venne adottato anche nell’arte figurativa e nell’arredamento. Con la scoperta dell’America e dunque del Brasile, scoprirono una piantagione di un legno esotico appartenente alla stessa famiglia del legno rosso, solo più economico, dovuto al lavoro a costo zero operato dagli schiavi nelle piantagioni.


Il rosa prese dunque il volo diventando il colore dell’eleganza e della moda, a corte assieme ai colori pastello; peraltro, non si trattava di toni reputati femminili, sicché tutti (i ricchi) lo indossavano, anche il mondo liturgico.

Tuttavia, non si tratta del rosa a cui penseremmo oggi, il rosa Barbie, bensì di un rosa denominato dai nostri antenati “incarnato” dal momento che imitava la carnagione umana, una sfumatura derivata dal giallo, non dal rosso. Infatti sarebbe quello che noi definiremmo il color “pesca” o in casi di sfumature più decise, color “salmone”.


Nel ‘700 fu la marchesa Madame de Pompadour (la favorita di Luigi XV) a lanciare la moda del rosa per la prima volta nel Rococò, ma solo nella seconda parte del secolo iniziò a comparire il rosa moderno.

Nell’ ‘800 anche l’azzurro entrò a far parte del vestiario comune, ma non era destinato ai maschietti. Il rosa era associato ora ad una variazione più tenue del rosso, colore maschile per eccellenza che ricordava sangue e passione, ecco perché il rosa divenne un colore proprio maschile, mentre l’azzurro avendo una connotazione più delicata, che ricordava il manto della Vergine Maria, fu attribuito alle bambine.




Le cose cominciarono a cambiare a partire dal Novecento, quando i progressi della chimica permisero un fissaggio più resistente dei colori sulle stoffe, ottenendo colori più vibranti rispetto alle versioni pastello sino ad allora utilizzate. Una curiosità molto interessante è la nascita di quello che oggi conosciamo con il nome di rosa shocking, ideato dalla nota stilista italiana Elsa Schiapparelli, forse influenzata da Christian Bérard, pittore e illustratore che collaborò anche con altre grandi personalità del mondo della moda come Coco Chanel.


In Funny Face (1957), conosciuto in Italia con il titolo di Cenerentola a Parigi, c’è una scena molto emblematica di ciò che accadde nella realtà: siamo all’interno della redazione di una rivista di moda e una talentuosa Kay Thompson nel ruolo della direttrice, intona la canzone Think Pink, decidendo di punto in bianco di imporre il rosa come colore di tendenza per le donne di tutto il mondo. Ed effettivamente la scelta di associarlo alla sfera femminile fu del tutto arbitraria e avvenne proprio intorno agli anni Quaranta del Novecento.



Take an editorial: to the women of America. No, make it to the women everywhere: banish the black, burn the blue, and bury the beige! From now on girls: Think pink!


Dagli anni Cinquanta in poi assistiamo a una vera e propria età dell’oro per il rosa, non soltanto nel campo della moda: viene messa in commercio per la prima volta la Barbie, le note de La Vie en Rose riempiono le strade e le case di ogni dove, beni di consumo di qualsiasi tipo come elettrodomestici, soprammobili, giocattoli, automobili, si tingono di rosa. Nel cinema alcune tra le attrici più iconiche di quegli anni indossano questo colore: si pensi alla seducente Marilyn Monroe che ne Gli uomini preferiscono le bionde (1953) canta Diamonds are a girl’s best friends in uno splendido abito rosa shocking, circondata da ballerine dai vestiti abbinati. Esibizione che peraltro nel 1983 sarà ripresa da Madonna nel videoclip di Material Girl.



E che dire dell’incantevole Grace Kelly in Caccia al ladro (1955) di Alfred Hitchcock? O ancora della deliziosa Audrey Hepburn che non solo ha indossato il rosa in più di una pellicola – Cenerentola a Parigi, A colazione da Tiffany, My Fair Lady, Come rubare un milione di dollari e vivere felici - ma ha scelto addirittura un abito da sposa di questo colore, citandolo addirittura in una delle sue affermazioni più famose?


«Credo nel rosa. Credo che ridere sia il modo migliore per perdere calorie. Credo nel baciare, baciare molto. Credo nell’essere forti quando tutto sembra andare per il verso sbagliato. Credo che le ragazze allegre siano le più carine. Credo che domani sia un altro giorno. Credo nei miracoli.»



Jackie Kennedy, icona stile degli anni Sessanta, vestì spesso questo colore in occasioni istituzionali, mondane e quotidiane, addirittura il giorno dell’assassinio di suo marito, J. F. Kennedy: di forte impatto e tristemente note le foto che la ritraggono con l’abito rosa shocking insanguinato.



Non si pensi però che il rosa sia un colore esclusivamente femminile, molti sono stati i sex symbol che hanno indossato questo colore negli anni. Elvis Presley, il re del Rock and Roll e uno degli uomini più desiderati del suo tempo, non soltanto usava molto spesso il rosa nell’abbigliamento e nel packaging dei suoi dischi, ma anche la sua celebre Cadillac era di quel colore, così come i giocattoli e i modellini ad essa ispirati.



O ancora il famosissimo pink suit di Jay Gatsby, protagonista de Il Grande Gatsby di F.Scott Fitzgerald, che incarnava l’uomo incredibilmente attraente e modaiolo. Per non parlare di David Bowie o di artisti contemporanei come Harry Styles, Timothée Chalamet, BTS.



La storia ci insegna che non ci sono colori da maschi e da femmine: certo ogni epoca può dare le sue direttive, ma sta a noi scegliere cosa più ci rappresenta e cosa più ci piace.


Articolo a cura di: Matilda Balboni e Concetta Pia Garofalo



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