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The Red Baron: l'asso della squadriglia

Un nome che è rimasto nel tempo, una figura estrapolata da un contesto che per molti è leggenda, un uomo che ha fatto parlare molto di sé, soprattutto dopo la sua morte e un soldato che i tedeschi ricorderanno come il più prodigo.



Manfred Albrecht von Richtofen, questo è il nome per esteso del Barone Rosso, nacque a Breslavia nel 1892 e nella sua giovinezza si dedicò principalmente alla caccia e all’equitazione. L’utilizzo del fucile nella ricerca della selvaggina, irrimediabilmente, si rivelò un’ottima pratica, in vista del suo arruolamento nelle Deutsches Heer, le Forze Armate dell’Impero Prussiano; completò infatti il suo addestramento cadetti a Wahlsatt e successivamente venne addestrato presso la Reale Accademia militare prussiana e di qui fu assegnato, nel ruolo di alfiere, al I Reggimento Ulani “Imperatore Alessandro III” ad Ostrovo. Nel 1912 fu nominato sottotenente.


Bisogna ricordare la sua forte devozione per il kaiser Guglielmo II, per il quale, già agli inizi della Prima guerra mondiale, compì numerose azioni: fu in Belgio, nel Lussemburgo e si trovò anche nelle trincee di Verdun, trincee che rimpiangeva nelle lettere inviate alla madre, invidiando il fratello Lothar, che invece combatteva presso il fronte orientale.


Nonostante il difficile adattamento alla vita in trincea, Manfred ottenne nel 1914 la Croce di Ferro per le numerose ricognizioni portate a termine sotto il fuoco nemico. Ma Manfred aveva un sogno, che coltivava sin dall’infanzia, “il sogno che ogni uomo vorrebbe realizzare”: volare e permettere ad un motore e a delle ali di sperimentare, anche se in parte, la libertà.


Nel maggio del 1915 fu accolta la sua domanda per entrare nella Luftstreitkrafte, ed in seguito al suo successo nell’addestramento e negli esami per piloti, la sua richiesta fu accettata. Nell’ottobre dello stesso anno conobbe quello che poi sarebbe divenuto il suo modello spirituale, ovvero Oswald Boelcke, aviatore di grande fama nell’esercito prussiano, il quale nell’agosto del 1916, propose allo stesso Manfred di entrare nella sua squadriglia, diretta presso la Somme.


Alla fine del 1916, il Barone, ottenne il massimo riconoscimento militare dell’esercito prussiano, ovvero il Pour le Mèrite, in occasione della sua sedicesima vittoria in aria, e nello stesso anno gli fu affidato il ruolo di comandante della Jagdsteffel 11, che in breve divenne una delle squadriglie più temute dagli alleati, anche grazie alla straordinaria abilità di Manfred nella selezione dei propri piloti.


Ora veniamo all’origine del suo soprannome: per i tedeschi era Der Rote Baron, per gli inglesi The Red Baron e per i francesi Le Diable Rouge, a causa di quella che da alcuni fu considerata una “pazzia”, ovvero dipingere gli aeroplani. La sua squadriglia era nota anche come Circo Volante, per la variegata gamma di colori con cui gli areoplani erano decorati.

Quello di Manfed ovviamente era di colore rosso. La pazzia stava proprio nel rendere più visibili gli areoplani al nemico dipingendoli con colori sgargianti, ma, molto probabilmente, era proprio questo l’intento del Barone, visto la fama che precedeva la sua squadriglia. La sua ultima operazione fu il 21 aprile del 1918, durante la quale, per difendere il cugino Wolfram, che quel giorno volò con lui, fu abbattuto dal capitano Arthur Roy Brown.

L’aereo di Manfred si schiantò a terra, ed i francesi si accalcarono attorno ad esso per portarne via dei souvenir, mentre il Barone esalò il suo ultimo respiro dicendo “kaputt”, forse rivolto al suo aereo.


Muore così il pilota più prolifico della nazione prussiana, con 81 aerei abbattuti, con i quali superò anche Boelcke, divenendo il nuovo asso della squadriglia.

Prediligeva i piloti in difficoltà ed entrava in uno scontro solo quando sapeva che ne sarebbe uscito vincitore; lascia nelle pagine della storia, un solco, un ricordo di grande rispettabilità, di un virtuosismo e una nobiltà che gli riconobbero anche i suoi nemici, che lo seppellirono e lanciarono sopra il campo prussiano una corona di fiori, che testimoniava la morte del più temibile degli aviatori.


Articolo a cura di: Marco Mariani



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