Streghe: il fuoco della misoginia
Soprattutto donne. Soprattutto al rogo. Il destino delle streghe è segnato: quali conseguenze può avere una donna che si è unita carnalmente al diavolo? Quali, una che conosce le procedure mediche e le erbe? Quali altre ancora, per una che decide di ribellarsi e vivere la sua vita in libertà?

Quella della stregoneria è la massima espressione di misoginia a cui ognuno di noi potrebbe mai pensare. Nonché, fra le altre cose, quella più duratura. L’ultimo processo per stregoneria, a dispetto di ciò che la maggior parte delle persone pensa, si è tenuto nel 1944 ai danni della scozzese Helen Duncan. L’ultima vittima, invece, risale al 1782 ed è la svizzera Anna Göldi. Ma da quanto tempo parliamo di streghe? Quando si è iniziato a dar loro la caccia?
È il 5 dicembre del 1484 e papa Innocenzo VIII promulga la bolla Summis desiderantes affectibus(“Desiderando con supremo ardore”) con cui conferma l’esistenza delle streghe. Viene citata anche l’Inquisizione, istituzione volta a sopprimere eresie e stregoneria. Per salvaguardare le anime cristiane, lo stesso Innocenzo VIII incarica due frati Domenicani, Jacob Sprenger e Heinrich Kramer (conosciuto anche con lo pseudonimo latino di Henricus Institoris), di estirpare la stregoneria.
Contro la stregoneria, le eresie e il paganesimo i due redigono il Malleus Maleficarum, letteralmente “martello delle malefiche” intendendo per “malefiche”, ovviamente, le streghe. In questo trattato pubblicato in lingua latina nel 1487, per la prima volta la stregoneria viene tacciata di essere una forma di satanismo. La stregoneria è opera del diavolo. In questo periodo si contano migliaia di vittime, per la maggior parte donne accusate di stregoneria, maleficio e sortilegio.
La prima volta che nella Chiesa si cita il concetto di stregoneria, in realtà, è nel 1326, quando lo considera simile a quello di eresia. Per placare i roghi, in seguito, nel 1542 Paolo III fonda il Santo Uffizio tramite il quale vengono stabilite le modalità e i parametri con cui si dovrebbero svolgere i processi per stregoneria. La documentazione relativa a molti di questi processi è ancora consultabile negli archivi di Venezia, Modena, Siena e Napoli, ma la maggior parte dei documenti è andata distrutta: non possiamo dire quante persone siano state condannate alla pena capitale con certezza.
Chi erano le streghe? Molte erano vedove, guaritrici, erbarie e contadine, ostetriche, soprattutto di bassa estrazione sociale: anche dietro alle figure apparentemente più marginali della società, possono celarsi comportamenti opinabili. Anzi, forse proprio questo aspetto permetterebbe un avvicinamento al demonio. Le donne, inoltre, risultano maggiormente coinvolte in quanto erano, all’epoca, le persone più vicine alla nascita e alla conclusione della vita: il parto era un’operazione riservata a loro così come, paradossalmente, la cura dei defunti.
Scherzano, giocano, bevono e mangiano: questa è la descrizione di un sabba “in striazzo” secondo la testimonianza di una delle streghe più famose in Italia. Condannata a Modena, Orsolina Toni, detta La Rossa, riuscì a scampare la condanna a morte soltanto confessando. Per far sì che le torture terminassero, ammise, persino, di essersi unita carnalmente al diavolo “disonestamente, a tutti i modi”, come figura scritto nel documento del processo. Una volta pentita, dopo l’abiura, nel suo caso tenutasi in pubblica piazza, l’imputata fu condannata al carcere perpetuo da scontare nella propria abitazione. Il destino di Orsolina era lo stesso riservato anche alla maggior parte delle persone tacciate di eresia. Per le streghe, invece, generalmente subentravano aggravanti come delitti e, pertanto, era molto più facile che venissero messe al rogo.
Articolo a cura di: Beatrice Tominic