Stelle e Comete nel pensiero filosofico di Giordano Bruno
Nella seconda metà del ‘500 il sistema astronomico-cosmologico aristotelico che immaginava la terra immobile nel sistema di sfere concentriche, iniziava a perdere certezze.

Importanti furono gli studi di Copernico, ma soprattutto l’osservazione di alcuni fenomeni celesti, in particolare l’apparizione della Stella Nova nel 1572 e della Cometa nel 1577.
In un opuscolo del 1573, Pastel e Gemma, analizzarono il fenomeno della comparsa della Stella Nova.
Mentre Pastel chiese alla storia gli strumenti per interpretare il significato della sua comparsa, appellandosi anche alla Cabala, alla nuova venuta di Cristo e alla realizzazione di un impero universale, Gemma, riprendendo l’argomento nel suo scritto De Naturae Divinis Characterismis, delinea una Ars Cosmocritica che potesse prevedere i mutamenti che sono legati nel Cosmo al prodursi di quei particolari fenomeni che non rientrano nel comune corso della natura (mostri, prodigi, ecc).
Per lui la comparsa della Stella Nova rientrava in uno di quei fenomeni prodigiosi, poiché essa non era apparsa al di sotto del concavo della Luna e neppure nell’orbe etereo o in quello di qualche pianeta, ma si collocava al di là di essi.
Essa non era pertanto né una cometa né una stella fissa, il suo corpo era il corpo metafisico per eccellenza. Al pari di Pastel credeva che il Cosmo stesse andando incontro ad una fase di decadenza e di declino, come l’umanità stessa.
Nel 1577 Helisaeus Röslin, nel suo Theoria Nova Coelestium meteoron, analizzò l’opera del Gemma e reputò che l’apparizione della Stella Nova e della Cometa fossero due manifestazioni celesti collegate tra loro. Nella Cometa ricavò proporzioni dal carattere musicale (il moto armonico, semplice e perfetto), attribuì ad essa tre moti e concesse ad essa una propria sfera.
Sotto la spinta di osservazioni importanti come quella di T. Hegelius arrivò a concludere che le opinioni di Aristotele dovessero essere sottoposte ad una verifica. Infatti le sue teorie mettevano in luce il limite dell’opinione aristotelica sulla materia, il luogo e la genesi delle Comete, e tendevano a rivedere la dottrina dell’ampiezza e la divisione della sfera dell’aria. Si poteva affermare che la regione del mondo sublunare in cui si muovono le comete fosse più vicina all’etere che al fuoco o all’aria e così affermare che al di sopra o al di sotto della Luna, in qualsiasi sfera, potessero sussistere le Comete.
Röslin non mancò poi di annunciare la Cometa come segno divino.
E veniamo a Giordano Bruno.
Bruno, contrariamente a Röslin e a molti altri, credeva che la grandezza divina si manifestasse nella costanza e nella regolarità delle leggi che presiedono i fenomeni, piuttosto che in eventi che verrebbero a spezzarne l’ordine.
La Cometa non è un miracolo, ma è assimilabile ad un astro, quindi ad una Stella (De l'infinito, universo e mondi) . Gemma e Röslin non avevano saputo compiere una ribaltamento della cosmologia aristotelica, portando avanti una revisione vuota di significato.
Se Röslin con la sua dimostrazione che ci trovavamo davanti ad un fenomeno di carattere celeste non di natura elementare, sosteneva l’eccezionalità del fenomeno, Bruno tentava di reinserirlo in una nuova legalità.
Per Bruno non vi sono differenze non solo tra la Cometa del 1577 e le altre, ma tra ogni pianeta e gli altri. L’unica differenza è la condizione di visibilità. I soli (le stelle fisse) sono osservabili in ogni regione del cielo, mentre tra gli astri ci sono differenze a seconda che prevalgano gli elementi umidi oppure la diversa posizione rispetto alla terra.
Nel IV libro del De Immenso egli attacca su più punti l’attendibilità della fisica e della cosmogonia aristotelica e, soffermandosi su quella che secondo lui era la vera natura delle comete, chiama in causa nel suo discorso anche la Stella Nova del 1572.
In tale scritto, presenta il tramonto dell’antica cosmogonia come il compiersi di un cataclisma naturale e cerca di mostrare che i pretesi segni di dissoluzione del Cosmo non sono che fonte di preoccupazione senza fondamento. Seguire l’operato divino e comprenderlo significa sapere come agire sul piano morale. Il Bene viene dalla Natura, ma solo se la natura è letta in modo corretto e non facendo immaginazioni sulle comete come annunciatrici di catastrofi.
Qui sembra che tutto sia suono
un lontano ingorgo di stridule voci
che di soppiatto sollevano l'aria
e rimbalzano al petto
per ritrovare le bocche
quei baci silenti che da muti stringono corde
e la musica spargono.
La costellazione che accoglie i ricordi
s'appresta a ritrovar l'assonanza
che ha spezzato il mistero,
l'incanto che abbraccia e riporta
il calore delle cose perdute
e si muove per sempre
come moto celeste che sospira
la vaghezza del cielo.
Articolo a cura di: Marco Tempestini