Simonetta Vespucci, la Venere del Rinascimento
Simonetta Vespucci nacque nella Repubblica di Genova, probabilmente nella città di Genova o Porto Venere, nel 1453 dal nobile casato dei Cattaneo.

A soli 16 anni sposò il nobile Marco Vespucci, figlio di Piero, appartenente ad una ricca casata di banchieri fiorentini e parente del famoso esploratore Amerigo.
Si sposarono nel 1469 a Firenze, presso il palazzo Medici in via Larga (attuale via Cavour) e tennero un sontuoso ricevimento presso la villa di Careggi, per via degli ottimi rapporti intercorrenti tra la famiglia Medici e quella dei Vespucci.
Simonetta divenne presto popolare presso l’alta società fiorentina e la sua bellezza conquistò tutti i giovani nobili della città, in modo particolare il fratello minore di Lorenzo il Magnifico, Giuliano. Un evento molto importante della vita di Simonetta fu probabilmente la Giostra del 1475 tenuta presso piazza Santa Croce, vinta da Giuliano de’Medici. Secondo quanto raccontato da Angelo Poliziano nel poemetto “Stanze per la giostra di Giuliano de’Medici”, Giuliano, che per l’occasione aveva indossato degli ornamenti molto sontuosi, aveva promesso che avrebbe vinto il torneo cavalleresco e che lo avrebbe dedicato a Simonetta e per l’occasione si presentò con uno stendardo, probabilmente dipinto da Botticelli, che raffigurava Simonetta nei panni di Atena-Minerva che impugnava una lancia in una mano e nell’altra uno scudo, con i piedi poggiati su un ramo di ulivo ardente, ad un ramo era anche posto un cartello con una frase scritta in francese “La sans par”, ovvero “la senza uguali” alludendo alla bellezza di Simonetta che molto somigliava alla dea raffigurata nello stendardo, ai piedi dell’ulivo era incatenato un cupido con le armi deposte.
In verità molte sono le descrizioni dello stendardo che contrastano su alcuni dettagli, ma come realmente fosse è destinato a rimanere un mistero. Alla fine della Giostra fu proprio Simonetta, nominata “regina del torneo”, a consegnare a Giuliano il premio, un elmo di eccezionale fattura realizzato dal Verrocchio.
Le chiare dichiarazioni d’amore di Giuliano non destarono scalpore perché rimandavano agli ideali cavallereschi dell’amore cortese, per cui la donna amata era sublimata e considerata irraggiungibile, un amore capace di elevare moralmente e spiritualmente oltre al fatto che Simonetta era una donna sposata e membro di una potente famiglia alleata dei Medici.
Morì giovanissima, all’età di 23 anni, la causa della morte è sconosciuta perché le fonti sono contrastanti sul punto, chi parla di tisi, chi di polmonite, chi di peste, ciò che è certo è che lasciò grande sgomento nel cuore dei fiorentini, nel circolo degli intellettuali e artisti medicei e in modo particolare di Lorenzo de’Medici, che a lei dedicò quattro sonetti. Fu a lei concesso il funerale a volto scoperto, onore concesso solo ai cavalieri, perché il popolo potesse vedere per l’ultima volta il suo volto.
Simonetta diventò fonte di ispirazione anche per molti altri scrittori, come
Nando Naldi, Girolamo Benivieni o Bernardo Pulci.
La fama imperitura di Simonetta però è dovuta maggiormente alla pittura, si dice che il volto della dea nella “Nascita di Venere” di Botticelli fosse un volto estremamente simile a quello di Simonetta, opinione smentita da una parte della critica o una delle tre Grazie che danzano nella “Primavera”. Giorgio Vasari che curò la biografia di Botticelli affermò che nella collezione di Cosimo I vi erano due dipinti di due bellissime donne, dipinti da Botticelli, i quali raffiguravano uno “la donna amata da Giuliano de’Medici”, l’altro Madonna Lucrezia Tornabuoni. Non è certo che uno dei due dipinti raffigurasse realmente Simonetta, ma Piero Vespucci scrisse a Lucrezia Tornabuoni che il volto di Lucrezia fu dipinto da Botticelli almeno una volta.
In realtà Simonetta non posò mai per un dipinto né di Botticelli, né di altri artisti, perché per una donna del suo rango posare per un pittore era considerato indecoroso. Ma la grande somiglianza di molte donne raffigurate nelle opere di Botticelli porta a pensare o che la donna raffigurata da Botticelli fosse un modello ideale di bellezza, oppure che ci fosse una modella ispiratrice in carne ed ossa. A questa seconda scuola di pensiero appartengono quelle teorie che vedono nella Vespucci la dea Venere nella “Primavera” e in “Venere e Marte”, la dea Flora o la donna nei due ritratti.
La donna è rappresentata da Botticelli sempre nella sua bellezza semplice, naturale ed elegante, ma la bellezza della donna raffigurata è soltanto il “primo livello” di interpretazione della sua arte, in ogni suo dipinto, infatti, la donna ha un significato allegorico ben preciso che rimanda agli ideali cavallereschi dell’amore cortese, una sorta di combinazione di bellezza e amore spirituale, in grado di elevare lo spirito.
La giovane Simonetta ebbe una vita breve, ma la sua bellezza l’ha resa immortale grazie all’unico strumento in grado di sconfiggere il tempo e la morte, l’arte.
Articolo a cura di: Antonino Cuppari