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Seta: il fenomeno "Baricco"

Non so esattamente quale sia la fama di Alessandro Baricco tra le masse, ma sondando il tema tra i conoscenti, nel corso del tempo, i risultati vertevano sulle risposte: “Chi è?” “Ne ho sentito parlare…” “Oddio Oceano mare bellissimo!”. Insomma forse non globalmente conosciuto, ma comunque apprezzato, in più quel dannatissimo “Oceano mare” compare sul profilo Instagram di ogni appassionato lettore dai 15 ai 25 anni, dunque qualche idea su Baricco come fenomeno commerciale ho avuto modo di costruirla.


No, mi dispiace, non ho letto Oceano mare e spero di non farlo prima che sul pianeta sia reperibile solo l’ultima copia. Mi baso su un pregiudizio? Ovviamente no. È vero che di base (generalmente) mi fido poco degli autori “one shot”, quelli che si fanno conoscere per un libro solo e vendono il resto per rendita, autori che vivono molto spesso di ottimo marketing e di personaggi costruiti ad hoc per mettere in scena “il genio d’artista”, ma questo non è l’aspetto che mi porta a criticare Baricco. Di Alessandro ho letto diversi libri, alcuni lo erano davvero, altri assomigliavano più alle trasposizioni su carta di ecolalie, un altro ancora era la sua personale versione dell’Iliade, chiaramente non molto originale, ma da me il più apprezzato.


Voglio, tuttavia, soffermarmi sulle ecolalie che anticipavo prima: nel 1996 Alessandro Baricco scrive Seta, un racconto che ha come protagonista Hervé Joncour, un mercante di bachi da seta costretto dal lavoro a viaggiare continuamente tra Francia e Giappone. Seta nell’edizione Feltrinelli si presenta come un libro di 108 pagine, in cui una storia del genere avrebbe potuto essere sviluppata in un’infinità di modi, alcuni vincenti, altri meno, ma Baricco in queste 108 pagine va oltre, per 108 pagine si prende gioco di chi legge: pagine completamente bianche, alcune con solo 4 frasi, i caratteri cubitali, i fogli più scritti ricolmi di echi, punteggiatura atta a porre enfasi su concetti inutili. Una barzelletta insomma, un libro che nemmeno l’autore aveva tanta voglia di scrivere, tanto che leggendo non potevo far altro che figurarmi Baricco che copiava e incollava frasi burlandosi di chi lo avrebbe letto… almeno mi sono fatta due risate.


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Sarò sincera, non amo scrivere di ciò che non considero di valore e se non ci fosse davvero nulla di apprezzabile in questo libro non lo avrei nemmeno nominato. È un libro elogio alla pigrizia, di chi scrive e di chi legge, è un libro ruffiano come tutti quelli del caro Alessandro, e per quanto mi riguarda di 108 pagine se ne potrebbero salvare solo 4, ma quelle 4 pagine (farei > solo quattro pagine, che se fossero…)se fossero state condensate in un breve racconto probabilmente avrebbero costituito un capolavoro.


Ciò fa da esempio di come molto spesso un buon prodotto cada vittima del proprio autore e della voglia di lanciare sul mercato un libro che sia “veloce”, velocemente scritto, velocemente venduto, velocemente letto, distruggendo del materiale potenzialmente di valore.


Il libro, infine, ha un altro merito che devo riconoscere, mi ha ricordato l’atmosfera delicata e naturale del bellissimo film di John Curran, con Edward Norton, “Il velo dipinto” ...e se proprio volete un consiglio, non perdete tempo a leggere Seta, fatevi un favore e guardate il film.


Per par condicio vi lascio il link per ottenerli entrambi qui (libro) e qui (film)



Articolo a cura di: Miriam Stillitano



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