Romano Prodi al Festival dell’Economia di Trento
Intervistato da Lucia Annunziata e Paolo Magri sulla guerra in Ucraina, il Professore si è soffermato su una attenta analisi dello scenario geopolitico attuale.

Conclusosi da poco il Festival dell’Economia di Trento, occorre sicuramente tirare le somme su alcuni degli interventi più significativi, tra questi spicca il dibattito-intervista tra Romano Prodi, ex Presidente della Commissione Europea e due volte Presidente del Consiglio, e altri due ospiti d’eccezione quali Lucia Annunziata e Paolo Magri. L’argomento di fondo è presto detto: l’intervento “Geopolitica e geoeconomia dopo la guerra in Ucraina” mirava ad una disamina non solo delle cause del conflitto, ma specialmente delle sue conseguenze nel medio e lungo termine. Particolare attenzione è stata prestata ai rapporti di natura internazionale: appare evidente dal confronto l’opinione del Professor Prodi, fondata su un complesso, ma non inestricabile, puzzle di atteggiamenti geopolitici.
Sono tanti, anzitutto, gli allarmi sui pare necessario soffermarsi, primo fra questi è la divisione dell’Europa: nuotando controcorrente rispetto all’immagine di una Europa unita quale ci è stata descritta negli ultimi mesi, dal dibattito emerge piuttosto il dipinto di una Europa spaccata a metà, reduce dall’uscita della Gran Bretagna (la quale ammirava un’idea ben diversa di Europa e che in passato si era spesso rivelata d’ostacolo al raggiungimento di maggioranze compatte) e indecisa sulla propria identità. Su questo sfondo si stagliano da un lato la Francia, pronta – con il secondo atto della politica macroniana – a prendere le decisioni che ne determineranno il carattere politico negli anni a venire; dall’altro la Germania – secondo Prodi moto simile all’Italia sotto il profilo delle dipendenze energetiche ed economiche rispetto alla Russia – la cui democraticità è fuor di ogni dubbio, ma il cui riarmo, d’altro canto, è da tenere in grande considerazione, poiché segna anch’esso l’incipit di una nuova fase di rapporti diplomatici. Le sanzioni, inoltre, sono considerate nella sede dell’incontro come “il capitolo principale” della divisione tra i partner europei, incerti su come procedere.
Un secondo, ma non meno importante allarme: non soltanto l’Europa appare divisa all’interno, ma risulta a momenti alterni corteggiata e osteggiata dall’esterno; di pregio è la ricostruzione dei rapporti tra l’Unione e gli Stati Uniti d’America, velatamente deterioratisi nel corso dell’ultimo trentennio, con un apice – o forse meglio un fondo? – nell’amministrazione Trump, la quale intese l’Europa come un contendente. Evidente è la preoccupazione rivolta nei confronti dei partner transatlantici: se l’opinione pubblica si muovesse contrariamente ai conflitti in cui la politica statunitense è coinvolta oltreoceano – come già più volte è capitato in passato – di quanto si ritrarrebbe il compasso dell’azione internazionale americana?
Sotto un altro profilo importa anche il vortice di relazioni internazionali entro cui l’Europa deve dimenarsi: il rapporto sempre meno amichevole tra USA e Cina rischia di travolgere anche le rispettive alleanze in maniera forse anche più brutale dell’attuale conflitto ucraino, che di sicuro ha innescato un cambiamento non solo nell’atteggiamento degli Stati, ma anche dei cittadini medesimi, forse ora consapevoli più che mai che dopo anni di solo apparente inerzia politica, il rischio è sempre alle porte.
Ma non finisce certo qui, sono diverse le criticità abbracciate nel corso della discussione: la crisi alimentare che comincia a stagliarsi all’orizzonte risulta decisamente preoccupante. Ne risulterebbe una evidente dipendenza dalle fonti di approvvigionamento non più accessibili a causa della Guerra, da colmare in un periodo di tempo sempre più ristretto, poiché le scorte tendono sempre più ad assottigliarsi.
Un incontro questo, decisamente prolifico e che consente anche al Festival di innovarsi mantenendo il suo spirito originario: far confrontare esperti del settore economico dinnanzi ad un pubblico interessato. Piccola nota a margine: benché di certo nessuno possa decretare con certezza gli esiti del conflitto, forse maggiore attenzione avrebbero meritato le possibili conclusioni di quest’ultimo, liquidate invece con due soluzioni lapidarie quali l’annientamento militare di uno dei due paesi interessati o il raggiungimento di un accordo di cessione.
Articolo a cura di: Antonino Palumbo