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Referendum Eutanasia: una battaglia persa?

Qualche mese fa, in alcuni dei nostri articoli, si trattava della battaglia di Marco Cappato per l’eutanasia. Difatti, a partire dalla metà dello scorso giugno, in Italia è stata avviata una raccolta firme per indire un referendum sull’eutanasia legale. L’iniziativa, presentata dall’Associazione Luca Coscioni di cui Cappato è tesoriere, aveva come finalità l’abrogazione dell’articolo 579 c.p., concernente l’omicidio del consenziente.



L’obiettivo era l’eliminazione, dal comma 1 del suddetto articolo, delle parole “reclusione da sei a quindici anni” e del “si applicano”. Il comma 2, di conseguenza sarebbe venuto meno. Per poter presentare questo referendum era necessario raggiungere entro la fine del settembre scorso almeno 500.000 firme da presentare alla Corte Costituzionale.


In maniera del tutto inaspettata, la campagna di raccolta firme a favore del quesito referendario sull’Eutanasia Legale ha riscontrato subito un grande successo. In effetti, i cittadini hanno riconosciuto immediatamente la necessità di discutere su una tematica così calda, spesso oscurata dalla politica e dai media. Per Cappato, un referendum del genere, con una tale risposta popolare, ha costituito “l’atto più politico che ci sia”, in quanto derivante non tanto da un consenso di parte, ma da una urgenza effettiva di prediligere la qualità del proprio fine vita. Lo scorso ottobre si è chiuso definitivamente il Referendum con la raccolta di oltre un milione e duecento adesioni.


La decisione della Corte Costituzionale, però, non è stata altrettanto positiva. Purtroppo, la stessa, sollevando il malcontento generale, ha dichiarato inammissibile il quesito proposto dall’Associazione Coscioni, adducendo come motivazione la seguente: “a seguito dell’abrogazione, ancorché parziale, della norma sull’omicidio del consenziente, cui il quesito mira, non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili”.


È prevalso, in tal caso, il principio di “indisponibilità della vita”, la cui estromissione dall’ordinamento determinerebbe un insanabile vuoto normativo, e la mancanza di chiarezza del quesito, essendo imprevedibili e incerti gli effetti derivanti dalla parziale abrogazione proposta, in contrasto con la trasparenza che dovrebbe orientare la volontà dell’elettore. L’epilogo negativo di questo Referendum non ha però scoraggiato Cappato e tutte le associazioni radicali che con lui combattono per l’Eutanasia.


L’auspicio adesso è che si possa attivare il Parlamento. La bocciatura di questo quesito referendario da parte della Corte Costituzionale deve ora spingere il Parlamento ad approvare la legge sul suicidio assistito, secondo le indicazioni della Corte stessa.


Alcuni esponenti politici hanno espresso il loro parere nel merito. Tra questi ricordiamo Stefano Ceccanti, costituzionalista del Pd e deputato il quale, pur avendo previsto l’inammissibilità di questo estremo quesito, ritiene che esso non debba essere usato impropriamente come alibi contro la legge necessaria ed urgente sul suicidio assistito. Altri come Matteo Salvini, dal principio contrari all’eutanasia, hanno espresso il loro dispiacere per la bocciatura del referendum il quale, di per sé, non è mai una buona notizia per la popolazione, da un lato, e dall’altro per i rappresentanti della Nazione.


È sicuramente una sconfitta per la democrazia nel nostro Paese, che ha mancato un’occasione di confronto su un tema sociale che poteva collegare la vita delle istituzioni. In ogni caso, la battaglia per la legalizzazione dell’eutanasia non volge al suo termine e i suoi promotori sembrano avere già delle idee per poter ottenere, seppur nel lungo termine, dei risultati significativi.


Articolo a cura di: Marica Cuppari




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