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Pride Month: la depenalizzazione delle relazioni omosessuali

Il mese di giugno è il Pride Month, un mese dedicato all’orgoglio gay e alla parità di genere. La scelta del periodo è dovuta ai moti di Stonewall del 1969, scoppiati a seguito l’irruzione della polizia in un bar gay americano nella notte tra il 26 e il 27 giugno 1969. A quel tempo infatti avere relazioni con persone dello stesso sesso era reato non solo negli Stati Uniti, ma un po’ in tutto il mondo. Dopo che la comunità LGBTQIA+ ha deciso che era arrivato il momento di combattere per i suoi diritti, è stata la giurisprudenza la prima a cogliere i mutamenti in seno alla società, aprendo la strada alla depenalizzazione delle relazioni omossessuali. A quel tempo, infatti, si credeva che lo Stato avesse diritto a colpire aspetti della vita privata ogni qualvolta vi vedesse un disvalore sociale da eliminare. Con il tempo, tuttavia, ci si allontanò da questa mentalità e si iniziò ad associare questi aspetti intimi a scelte che riguardano l’autodeterminazione della persona. La particolarità dell’iter che ha portato a eliminare tale reato in molti ordinamenti è stato il ruolo centrale del diritto comparato e del dialogo fra corti straniere: una semplice dichiarazione di illegittimità della Corte di Strasburgo è stata la scintilla che ha innescato un fuoco che è divampato dall’Europa, all’America fino al Sud Africa e all’India.



La nostra storia inizia nel Regno Unito e più precisamente in Irlanda del Nord, dove negli anni ‘80 era ancora previsto un reato ad hoc per chi intrattenesse relazioni omosessuali, anche se consenzienti e tra adulti. Nel 1981 Juffrey Dudgeon, un attivista gay, era stato interrogato dal Royal Ulster Constabulary circa la sua vita sessuale e, indignato, aveva deciso di adire la Corte europea dei diritti umani. Il caso Dudgeon vs UK diede vita a una sentenza storica: la Corte ritenne che il reato violasse l’articolo 8 della Carta europea dei diritti umani (CEDU), che imponeva il rispetto della vita privata e familiare. Per la prima volta si affermò che lo Stato non poteva intromettersi nella vita privati dei cittadini se non in virtù di un concreto interesse pubblico. Tale precedente divenne rilevante per tutti gli Stati membri del Consiglio di Europa, che piano piano furono costretti a espungere dai loro ordinamenti tale reato per evitare una condanna della Corte di Strasburgo. È così che in molti paesi europei le relazioni omosessuali divennero lecite dal punto di vista legale.


Qualche anno più tardi il caso iniziò a fare il giro del mondo. Le Corti di Canada, Australia e Nuova Zelanda presto seguirono l’esempio europeo. Nel 1998 anche il Sud Africa si unisce alla lista e dichiara l’incostituzionalità del reato richiamando i precedenti internazionali. Nel 2003 è la volta degli Stati Uniti. Una sera la polizia aveva fatto irruzione nell’abitazione privata del signor Lawrence e lo aveva trovato mentre intratteneva un rapporto sessuale con il suo compagno. I due erano stati arrestati in forza di una legge texana che puniva come reato la sodomia e il caso era arrivato davanti alla U.S. Supreme Court. Sul tema la Corte si era già espressa nel 1986 nel caso Bower v Hardwick sostenendo che la costituzione non garantiva il diritto ad avere relazioni omosessuali e dunque affermando la legittimità costituzionale della disciplina penale della Georgia. Tuttavia, la proliferazione di precedenti internazionali favorevoli alla depenalizzazione di tali rapporti convincono la Corte a propendere per l’incostituzionalità del reato, operando uno storico overruling: come in Dugeon vs UK, in Lawrence v Texas la Supreme Court afferma che lo Stato non può intromettersi nella vita privata dei cittadini se non per motivi di interesse pubblico. Questa pronuncia travolgeva indirettamente le discipline penali simili di almeno 13 Stati americani, rendendo le relazioni sessuali tra persone dello stesso sesso lecito in tutti gli USA.



In ultimo nel 2018 anche la Suprema Corte indiana cede alle pressioni sociali e l’India si unisce al novero di Paesi in cui intrattenere un rapporto omosessuale non è più reato. È evidente che da Dudgeon v UK a oggi si sono fatti innumerevoli passi avanti, ma ciò non basta. Va ricordato, infatti, che in 69 Paesi intrattenere rapporti consenzienti con una persona dello stesso sesso è ancora reato e in 11 esso è punito con la pena capitale. La depenalizzazione, poi, è solo l’inizio: il fatto che il diritto non condanni un dato comportamento, infatti, non implica un’altrettanta apertura dal punto di vista sociale. In ogni caso, se c’è qualcosa che emerge dall’analisi della depenalizzazione di queste relazioni è che non ci si può permettere di ragionare per compartimenti stagni, illudendosi che l’unica cosa che conta è quello che succede nel proprio Stato. Il cambiamento, infatti, porta altro cambiamento e per questo è compito di tutti alimentarlo un po’ ogni giorno, affinché questa scintilla al posto di spegnersi divampi con più vigore.


Articolo a cura di: Laura Tondolo



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