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Perché l’indifferenza dovrebbe farci paura

Il 27 gennaio viene ricordato come la Giornata della Memoria, un modo per non dimenticare gli orrori perpetrati dai due totalitarismi più spaventosi della Storia, quello nazista di Hitler e la dittatura fascista di Mussolini. L’importanza di questa giornata – come anche del 25 aprile, Giornata della Liberazione dai nazisti e dal regime fascista – non può, e non deve, essere sottovalutata, perché ha lo scopo, oltre che commemorare le vittime delle dittature, anche di ricordare quanto è facile cadere in una spirale d’odio, in cui l’abuso di potere cerca giustificazioni e la democrazia viene meno poco a poco.



A distanza di pochi giorni, però, nel nostro Paese si sono verificati due fatti alquanto macabri e deludenti, sotto il punto di vista del rispetto della democrazia e della libertà individuale sancita dalla Costituzione.


Proprio il Giorno della Memoria, infatti, ben tre consiglieri comunali del Comune di Cogoleto (Genova) si sono ripetutamente esibiti nel saluto romano, camuffandolo da alzata di mano. Un gesto chiaramente premeditato e testimoniato sia dal video girato durante la riunione, sia dai consiglieri di maggioranza, che hanno confermato di aver sentito il capogruppo leghista chiedere agli altri consiglieri di destra di attuare il gesto. Un’azione inaudita, soprattutto se pensiamo che è stata eseguita nel giorno in ricordo delle morti per mano nazifascista. Il sindaco ha condannato immediatamente la vicenda, ma nonostante ciò uno dei consiglieri si è rifiutato di scusarsi, rendendo la situazione ancora più assurda e squallida – soprattutto se pensiamo che dal ’52 è in vigore la Legge Scelba che, in materia di apologia di fascismo sanziona «chiunque fa propaganda per la costituzione di una associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità» di riorganizzazione del disciolto partito fascista, e «chiunque pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche».


Questa Legge, inoltre, sancisce il confine tra libertà di espressione e apologia di fascismo. Troppo spesso infatti, negli ultimi anni, sono stati riportati dalla cronaca fatti spaventosamente riconducibili all’ideologia fascista, ma ignorati grazie all’appiglio – a cui si sorreggono spesso gli estremismi all’interno di democrazie – detto “libertà di opinione”. Effettivamente, in un sistema democratico l’espressione individuale è un diritto fondamentale, ma allora che fare? Quando, in nome della democrazia, è legittimo non essere democratici? Il filosofo Karl Popper illustra la situazione all’interno del “Paradosso della Tolleranza”: per difendere la Tolleranza – intesa nel senso generale e, volendo, nazionale del termine – non si può tollerare l’Intolleranza; poiché la troppa Tolleranza può essere la strada per il potere degli Intolleranti.



Ciò che fa – o almeno dovrebbe fare - paura, però, è il mancato intervento e la quasi totale indifferenza di chi ha il dovere di punire i responsabili dei fatti a sfondo fascista. Inoltre, questa indifferenza, spesso perpetuata dalle Istituzioni e da chi è al potere, ha come sola conseguenza la “normalizzazione” di queste azioni, le quali alla fine vengono sempre giustificate e “nascoste sotto al tappeto” dei molti altri problemi che l’Italia sta affrontando.


Normalizzare determinate azioni e/o situazioni non deve essere più ammissibile, perché la Storia passata – e il 27 gennaio dovrebbe sempre ricordarcelo – ci deve servire da lezione per evitare il ritorno degli assolutismi che, come sappiamo, possono nascere in modo rapido e inaspettato, ma grazie a piccoli cambiamenti nel tempo, volti a non spaventare e, anzi, a trovare il consenso nelle masse.


Per questi motivi è spaventoso e intollerabile un comportamento come quello visto a Cogoleto, caso in cui a violare la legge sono stati proprio coloro che dovrebbero mostrare il buon esempio ai cittadini in merito di rispetto e civiltà.

Il secondo avvenimento ha creato non poco trambusto, specialmente sul web, spazio nel quale molti lo hanno paragonato agli atteggiamenti nazifascisti verso le minoranze. Ci troviamo a Collesalvetti (comune di Livorno), cittadina in cui il capogruppo della Lega ha presentato un’interrogazione in cui chiedeva di conoscere il numero di unioni civili gay presenti nel paese – perché, sostiene, sia un fenomeno da monitorare – ma anche la portata delle agevolazioni fiscali e la durata delle unioni, il che implica indagare sulla vita privata di persone non colpevoli di alcun reato. Fortunatamente la vicenda ha avuto un lieto fine: il sindaco, infatti, ha respinto la richiesta e ha saggiamente ricordato che una schedatura di persone LGBT+ presenta un’evidente somiglianza con gli avvenimenti Europei durante le dittature novecentesche.


“Tutto è bene quello che finisce bene” si dice, ma, forse, da queste situazioni di “scampato pericolo” l’Italia e i suoi cittadini possono riconoscere la linea labile che separa l’opinione dalla discriminazione; perché forse, almeno questo, un po’ lo dobbiamo a chi quasi ottanta anni fa ha dato la vita per le nostre libertà.


Articolo a cura di: Letizia Malison



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