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Perché Amy è il personaggio più riuscito in Piccole donne di Greta Gerwig

Piccole donne di Greta Gerwig, uscito nelle sale italiane il 9 gennaio 2019, è stato un successo con ben sei candidature agli Oscar. Nel recente adattamento dell’omonimo romanzo della Alcott, è emerso in modo particolare il personaggio della più piccola delle sorelle March, cui finalmente sono stati dati lo spessore e la dignità spesso negati. In molti l’hanno odiata e da sempre è stata trasposta come la più vanitosa, capricciosa e superficiale della famiglia, ma la pellicola della Gerwig ha saputo restituirci una Amy piena di sfumature e profondità.



Spesso si confonde il femminismo con qualcosa di molto estremo. Nell’immaginario collettivo una donna che vive la propria esistenza nel pieno spirito di questo incredibile movimento, è molto simile alla nostra Jo: forte, indipendente ad ogni costo, che disprezza qualsiasi cosa provenga dal mondo del patriarcato. Per questo una ragazza come Amy, decisamente femminile in ogni singolo aspetto, che sin dall’infanzia cede con gioia e cieca fiducia a quelle regole imposte dalla società maschilista dell’epoca, ci sembra quanto di più lontano possa esserci da un personaggio femminista. Eppure, non è proprio così.


Mentre Jo cerca con ostinazione quasi ossessiva la piena indipendenza, lottando strenuamente contro ogni struttura sociale che va a ledere la sua libertà, Amy diviene gradualmente consapevole del mondo che la circonda. Da ragazzina innamorata dell’idea stessa di amore, accecata dal desiderio di un futuro migliore in cui poter comprare “tutto ciò che desidera”, diviene donna che si fa carico di grosse responsabilità, alimentate da una lucidità e maturità che forse nelle altre sorelle manca. Illuminante ciò che le dice la zia March, «Sei tu la speranza della famiglia ora. Sarà compito tuo mantenere tutti loro», che potremmo ricondurre ad un passo del romanzo in cui Amy stessa afferma:

«One of us must marry well. Meg didn’t, Jo won’t, Beth can’t yet, so I shall, and make everything okay all around.»


È qui che tutto si rovescia: Amy comprende la necessità di fare un buon matrimonio, seppur basato sulla convenienza, mentre Jo si crogiola nella sua presunta superiorità morale, precludendosi ogni opportunità offertale, in virtù di una considerazione infima di qualsiasi cosa legata al patriarcato e tutto ciò che lo rappresenta. Il matrimonio, il romanticismo, l’alta società, vengono demonizzati in maniera assoluta, a prescindere dal fatto che possano avere sia lati positivi che negativi: per lei è tutto bianco o nero, e l’assenza di sfumature la rende incapace di inserirsi nel mondo in cui vive. È la capacità di adattamento che differenzia le due sorelle, tanto simili nel temperamento e tanto diverse nel loro sguardo verso il mondo.


«Io non sono un poeta, sono solo una donna, e in quanto donna non posso guadagnarmi da vivere da sola. Non abbastanza per mantenermi o per sfamare la mia famiglia. E se avessi dei soldi miei, cosa che non ho, apparterrebbero a mio marito nel momento in cui mi sposasse. E i nostri figli sarebbero suoi, non miei. Sarebbero una sua proprietà quindi non startene lì a dirmi che il matrimonio non è una questione economica perché lo è. Magari non lo sarà per te, ma di sicuro lo è per me».


Questa scena ha una forza incredibile, le dure parole che Amy rivolge a Laurie mostrano quanto totale sia la sua dedizione nei confronti del benessere della sua famiglia: quella ragazzina apparentemente superficiale nasconde una donna forte, capace di sacrificarsi per coloro che ama. Jo scopre solo più tardi che amore e realizzazione personale non sono fra loro nemici, ma possono coesistere nel momento in cui si trova la persona giusta con cui poter avere un rapporto alla pari. Ed è proprio grazie a questa nuova presa di coscienza che riesce finalmente a diventare una donna libera e pienamente soddisfatta. In un finale che ricorda quello delle favole, tutti sono felici: Jo pubblica il suo libro, trova in Friedrich un compagno amorevole con il quale trasformare la casa di sua zia in un Istituto per ragazzi, mentre Amy riesce ad avere il suo lieto fine con Laurie, sposandosi senza rinunciare all’amore.


Si può essere una donna forte in tanti modi, e le sorelle March ne sono la dimostrazione. In un’epoca che era ancora dominata da un maschilismo dilagante, Jo, Amy, Meg e Beth hanno dimostrato di essere femministe restando sempre fedeli a se stesse, ognuna col suo personalissimo punto di vista, seguendo i propri desideri, senza tradire mai la propria essenza di piccola grande donna.


Articolo a cura di: Concetta Pia Garofalo



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