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Peaky Blinders: come il cinema ci manipola

Peaky Blinders è una Serie Tv di genere drammatico nata nel 2013 grazie all'ideatore Steven Knight. La serie conta oggi cinque stagioni e una sesta la cui produzione è stata rallentata dalla pandemia globale.


Peaky Blinders si può inquadrare nel genere drammatico: è vero, l’azione non manca, ma a rendere speciale il protagonista non sono le sue capacità fisiche, quanto la sua mente.

Thomas Shelby, interpretato da Cillian Murphy, al ritorno dalla prima guerra mondiale, prende le redini dell’attività familiare, ovvero un circolo di scommesse illegali in una Birmingham nel pieno dell’urbanizzazione.

Accanto a Thomas, centrali per gli sviluppi della narrazione, sono gli altri membri della famiglia e della gang.

Il nome della gang - realmente esistita nell’Inghilterra del ‘900 - altro non è che la definizione del berretto che usavano indossare: i “cappelli dalle visiere taglienti” che fa riferimento all’abitudine di mettere nella visiera del cappello una lama.


Il gruppo ci viene presentato come astuto, capace, coordinato, legato. Certo, rimane di fatto una gang mafiosa: non mancano gli eccessi di ira, le risse, le esecuzioni, le vendette.

Thomas Shelby è un uomo d'affari: freddo, calcolatore, razionale, intelligente, ma è anche un uomo di famiglia il cui primo valore, come capita spesso nelle organizzazioni criminali è proteggere la famiglia. Alla cieca sete di potere sembra in qualche modo accostarsi una certa moralità. Una criminalità che conquista i favori del pubblico grazie al suo fascino.

Le vicende che coinvolgono i Peaky Blinders affascinano proprio perché lo spettatore giustifica i mezzi nel nome del fine: così lo schermo non ritrae una gang che distrugge delle realtà familiari, ma una famiglia che cerca di uscire dal degrado che contraddistingue la classe medio-bassa di epoca vittoriana.


Rivelatore in questo senso è il confronto - intensamente messo in atto dagli attori Cillian Murphy e Tom Hardy - che vede Thomas Shelby contrapporsi ad Alfie Solomons, boss di una gang rivale. Il figlio di Thomas è stato rapito a seguito di alcuni conflitti territoriali e il membro più calcolatore della gang perde tutta la sua razionalità in uno scontro fisico, ma specialmente psicologico, in cui accusa l’avversario.

“You crossed the line Alfie, THEY’RE USING MY BOY!”. Alfie spiazza non solo Thomas ma anche il pubblico – lo spettatore viene improvvisamente riportato su un piano oggettivo, che riconosce la colpevolezza del proprio eroe – con la sua risposta:

«So what, they took your boy, did they? Eh? They got your boy? AND WHAT FUCKING LINE AM I SUPPOSED TO HAVE CROSSED?! How many fathers, right, how many sons, yeah, have you cut, killed, murdered, fucking butchered, innocent and guilty, to send straight to fucking Hell, ain't ya?! JUST LIKE ME!».


Improvvisamente lo spettatore si accorge che il protagonista per cui ha fatto il tifo tanto ardentemente altro non è che un boss mafioso, un mandante di omicidi, rapimenti, truffe. Un delinquente che in nome del successo della sua famiglia ne ha distrutte centinaia.


Il cuore di qualsiasi opera d’arte è fare il modo che il singolo ritrovi in ciò che ascolta o osserva le sue stesse emozioni, le sue paure, le sue aspirazioni. Cosa succede quando una produzione cinematografica usa il cuore dell’umanità, l’empatia, per metterla dalla parte “sbagliata”?

Cosa sarebbe successo se l’inizio della serie ci avesse presentato una povera famiglia distrutta dalle azioni delinquenti della gang? Allora seguiremmo forse le avventure di un giovane che cerca la vendetta per la morte del padre, di un operaio che perde tutti i suoi risparmi in una scommessa truccata dalla gang, di una madre che perde il figlio arruolato nelle fila della malavita.


La serie prende l’innata attrazione umana per il potere, la violenza, la affianca alla necessità di vedere i nostri ideali riflessi sugli schermi e ottiene dei personaggi assolutamente magnetici e tridimensionali.


Interessante è come la serie sia tra le poche che rappresenti l’umanità dei “cattivi”. Il male ha un costo. E così ognuno dei membri ha i suoi demoni interiori, perché la guerra i nostri protagonisti non hanno mai smesso di combatterla: è iniziata nel 1914 nel fango delle trincee e prosegue nel 1920 nel sangue dei nemici.


L’arte si sta evolvendo, cerca di rappresentare tutte le facce dell’umanità, nel bene e nel male. Non che il male e il bene non siano sempre state le ragioni centrali di qualsiasi movimento, l’artista oggi si approccia soltanto in modo diverso ad essi. Se le pellicole del passato preparavano per lo spettatore una parte buona da cui stare, quella del protagonista portatore di valori positivi, e dall’altra parte una faccia del male spesso poco indagata, oggi si cerca di presentare al pubblico un ritratto della psiche umana più realistico, in cui il male, come il bene, è sempre mosso da altre ragioni.


Che Peaky Blinders sia l’apertura ad una nuova stagione del cinema?


Articolo a cura di: Arianna Roetta



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