Patologie osteoarticolari: ARTROSI
Cari lettori, perchè parlare di patologie osteoarticolari? A mio avviso, è necessario per dare voce a milioni di persone che ne soffrono; tutte le fasce d’età, infatti, possono esserne interessate e spesso manca proprio la prevenzione a monte.
Si tratta, inoltre, di patologie spesso silenti che impattano però pesantemente sulla qualità di vita dei pazienti.
In Italia l’artrosi rappresenta, insieme all’ipertensione, il fattore invalidante cronico più diffuso.

L’apparato osteoarticolare è formato dalle ossa e dalle articolazioni, pertanto svolge sia un ruolo di protezione degli organi interni, sia di supporto alle funzioni motorie. La cartilagine permette il fisiologico scorrimento tra le ossa articolari e se si usura fin quasi a scomparire, si verificheranno dolore, tumefazioni e danni.
Il movimento articolare avverrà con una frizione e le ossa stesse andranno incontro a un rimodellamento, insieme ai legamenti articolari coinvolti.
Attenzione a non confondere l’artrosi con l’artrite, di natura infiammatoria acuta o cronica che può svilupparsi in soggetti di ogni età. Entrambe hanno come focus le articolazioni e quindi le strutture anatomiche ad esse collegate ed entrambe determinano rigidità e ridotto ROM nei movimenti ma l’artrosi è una malattia degenerativa appunto, tipica tra gli over 50.
Si prevede un aumento esponenziale nei prossimi anni visto che la popolazione è sempre più longeva e ad esempio “nel 2021 l'indice di vecchiaia per l'Italia dice che ci sono 184,1 anziani ogni 100 giovani” (Fonte ISTAT).
Tra i fattori di rischio principali per l’artrosi ci sono: - età avanzata
- predisposizione genetica
- genere femminile (per la diminuita attività estrogenica dopo i 50 anni)
- sovrappeso (anca e ginocchia soprattutto)
- alcune attività lavorative e/o sportive (sforzi, vibrazioni, traumi…)
La diagnosi prevede un esame clinico e una radiografia come conferma, per osservare la presenza di osteofiti e il restringimento dello spazio articolare.
Attualmente l’artrosi non può essere curata in maniera definitiva; si privilegiano i farmaci antidolorifici (FANS, farmaci oppioidi) per alleviare il dolore, spesso persistente e intenso, ed evitare una rapida degenerazione della malattia.
La terapia farmacologica lavora in sinergia con un miglioramento delle abitudini del soggetto, dal momento che la corretta alimentazione, il controllo del peso corporeo e una regolare attività ginnica determinano il successo del trattamento nel lungo periodo.
Altre possibilità valutabili caso per caso sono l’intervento chirurgico, specialmente dell’anca, la sostituzione con una protesi e l’utilizzo di sostanze come la glucosamina solfato, la condroitina solfato e l’acido ialuronico.
A prescindere dall’età, tanto nella prevenzione quanto nella cura, il protagonista è il paziente, che va responsabilizzato e indirizzato a un atteggiamento proattivo.
Con le sue scelte può trarre il meglio: mediante l’attività fisica mirata può provare sollievo, migliorare l’elasticità e la mobilità delle articolazioni, lavorare sul proprio equilibrio e sull’ascolto dei segnali corporei.
Articolo a cura di: Giulia Biamino