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Orgasmica: perché neanche il benessere sessuale della donna è più trascurabile

“Odiano vedere una donna che prova piacere, soprattutto piacere sessuale”, dice Eve Ensler nel suo “I monologhi di una vagina”. E non si sbaglia. Nella giornata del benessere sessuale, non dimenticarsi della sfera sessuale femminile è un’azione obbligata.



Il 4 settembre, secondo l’OMS è la giornata internazionale del benessere sessuale: alla base della piramide delle necessità degli umani di Abraham Maslow il sesso appare fra i bisogni fisiologici come mangiare, dormire.


Per gli uomini, come per le donne.


Eppure la sessualità femminile è rimasta ai margini della vita di molte e il sesso è divenuto uno strumento per (ri)affermare, anche in camera da letto, l’impronta maschile e patriarcale sulle attitudini femminili.


Sigmund Freud inaugura i suoi studi sulla sessualità femminile sottolineando la differenziazione fra orgasmo clitorideo e orgasmo vaginale: il primo sarebbe legato all’infanzia, il secondo alla vita adulta. Troviamo la presa di coscienza dell’esistenza di una clitoride (attenzione ad usare questo termine al maschile: non lo è) che, nel momento della scoperta, era apparsa come un “capezzolo del diavolo”, come ricorda Eve Ensler: tutte le donne che provano piacere stimolandola, però, sono condannate ad essere definite “frigide”. Diversamente, sono considerate donne sessuate e mature quelle che arrivano a provare orgasmi vaginali.


Dice Simone De Beauvoir: “è sorprendente che la donna abbia la scelta tra due cicli di cui l’uno perpetua l’indipendenza giovanile, mentre l’altro la vota all’uomo e ai figli. Difatti l’atto sessuale normale rende la donna schiava del maschio e della specie. [...] il letto è sempre stato considerato per la donna un «servizio» di cui il maschio la ricompensa [...]: ma servire, significa imporsi un padrone; in questo rapporto non c’è nessuna reciprocità.” Ne consegue che la donna viene definita sessualmente soltanto in base alla relazione con l’uomo che, per trarre il suo proprio piacere, interagisce con la parte dedita alla riproduzione dell’apparato genitale femminile. Il sesso, così, per la donna è un obbligo verso la riproduzione e il compiacimento maschile. Le ragazze che stimolavano il proprio apparato genitale al solo scopo di trarne piacere erano considerate casi clinici e punite.


Se il mondo occidentale (quale Occidente, poi, se la Terra è rotonda?) si indigna di fronte a fenomeni come l’infibulazione, è doveroso ricordare come, in passato, sul suo stesso suolo venivano praticate operazioni come “cinture di castità” realizzate cucendo le labbra vulvari fra loro o asportazione di clitoride: l’ultima clitoridectomia negli Stati Uniti risale al 1948 su una bambina di cinque anni.


Nel 1976, la sessuologa tedesca Shere Hite rompe lo schema della sessualità femminile imposta dal patriarcato: con la pubblicazione di “Rapporto Hite”, rivendica il piacere sessuale delle donne a prescindere dall’uomo e dalla riproduzione.



In Italia Carla Lonzi, figura di spicco di Rivolta Femminile, nel 1971, aveva già sostenuto che “avere imposto alla donna una coincidenza che non esisteva come dato di fatto nella sua fisiologia è stato un gesto di violenza culturale che non ha riscontro in nessun altro tipo di colonizzazione” in quanto “nella donna il meccanismo del piacere e il meccanismo della riproduzione sono comunicanti, ma non coincidono. […] godendo di un piacere come risposta al piacere dell’uomo, la donna perde se stessa come essere autonomo, esalta la complementarietà al maschile, trova in lui la sua motivazione di esistenza.”


La cultura patriarcale è colpevole anche di creare modelli nei quali, auspicabilmente, le donne devono rientrare per essere riconosciute tali. Le priva, pertanto, di quel benessere necessario che ricordiamo oggi.


Articolo a cura di: Beatrice Tominic



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