Omicidio Willy, sentenza rinviata al 14 luglio
Gabriele Bianchi: “Non l’ho toccato nemmeno con un dito”
Era la notte tra il 5 e il 6 settembre 2020 quando, a Colleferro, Willy Monteiro Duarte è stato pestato a morte mentre usciva da un locale con gli amici. Senza alcun motivo. Senza pietà. Solo perché nero. Gli assassini, i fratelli Bianchi (Gabriele e Marco), Mario Pincarelli e Francesco Belleggia, sono stati arrestati, e il 10 giugno scorso è iniziato il processo. L’udienza definitiva è stata rinviata dalla Corte d’Assise al 14 luglio.

Alle domande dei pm, Gabriele Bianchi risponde: “Non ho ucciso io Willy. Vengo accusato di qualcosa che non potrei mai fare.” Ammette solo di aver colpito l’amico della vittima. E nessun altro. Malgrado ci fossero 25 testimoni, l’avvocato Pica, difensore dei fratelli, sostiene che nessuno è stato in grado di osservare lucidamente la scena: troppo buio e troppe persone intorno. Eppure, alcuni di loro hanno sostenuto che i gemelli avevano sferrato colpi a chiunque passasse di lì. Pugni e calci, per puro divertimento. A rimetterci la vita è stato proprio il 21enne Willy: pestato, preso a sprangate, torturato. Fino a perdere il respiro e la vita. A distanza di quasi due anni dall’omicidio, la famiglia di Willy non ha ancora ottenuto la giustizia che merita. La procura di Velletri ha sollecitato l’ergastolo per Gabriele e Marco Bianchi e 24 anni di reclusione per Mario Pincarelli.
La drammatica vicenda di Willy Monteiro ha segnato un’ora buia per il nostro Paese. Il razzismo è il cancro della società, un male (in)curabile che dilaga silenziosamente e velocemente, e ricordiamo che le vittime come lui sono – e sono state – tante. Ogni giorno perdono la vita centinaia di uomini, donne e bambini. Muoiono in mare tra le proteste dei nostri politici che non li accettano e la rabbia di chi fugge dalla fame e dalla guerra. Un’ingiustizia che si protrae giorno dopo giorno, ma non se ne parla, perché la morte dei migranti viene percepita come qualcosa di inevitabile. Comune. Scontato. Dovrebbero ottenerla tutti, la giustizia. E invece ci si chiude in un sanguinoso silenzio.
COLLABORAZIONE - Articolo a cura di: Margherita Tumminello di @margheperilsociale