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Nepal: Gli effetti del cambiamento climatico alle pendici dell’Everest

Grazie alle numerose campagne di sensibilizzazione ed ai progetti legati all’ambiente, tutti ormai siamo consapevoli della presenza del Climate Change e degli effetti che questo può provocare sul nostro pianeta. Non tutti però siamo a conoscenza del fatto che gli effetti provocati da questi cambiamenti sono più intensi in alcune zone del mondo e che quindi i danni non saranno gli stessi per tutti. È il caso del Nepal, piccolo stato dell’Asia meridionale, confinante con India e Cina e protetto dai giganti dell’Himalaya.



È proprio lungo le pendici delle montagne più alte del mondo, nel distretto nepalese del Mustang e delle altre regioni himalayane d’alta quota, dove la popolazione vive in equilibrio con le poche risorse disponibili provenienti principalmente dall’agricoltura, che i cambiamenti atmosferici stanno mettendo a dura prova un ecosistema già di per sé molto fragile.


Il cambiamento climatico causato dal riscaldamento globale ha avuto conseguenze significative in queste regioni. Fenomeni quali la presenza delle piogge monsoniche durante la stagione secca, l’innalzamento delle temperature e il conseguente scioglimento delle nevi e dei ghiacciai, la nascita di nuovi laghi e fiumi hanno complicato la vita dei contadini del posto, rendendo il loro futuro e la loro permanenza in questi luoghi incerta.


Nel 2019, l’International Centre for Integrated Mountain Development (Icimod) del Nepal, ha pubblicato una delle più imponenti ricerche sulla situazione ambientale nepalese: “The Hindu Kush Himalaya Assessment”. Si tratta, ad oggi, di uno degli studi più autorevoli in grado di fornire una valutazione dettagliata riguardo ad una delle regioni montane più importanti del mondo.

Lo studio realizzato in 5 anni da 350 ricercatori esperti ha fatto emergere una serie di problematiche relative alle decisioni prese durante l’Accordo di Parigi del 2015. Infatti, anche se riusciremo a rispettare il più ambizioso degli obiettivi prefissati, cioè limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi entro la fine del secolo, questo nella regione del HKH porterebbe comunque a un aumento delle temperature di 2,1 gradi e allo scioglimento di un terzo dei ghiacciai della regione.

Se invece la comunità mondiale dovesse fallire nel contenimento delle emissioni di gas serra, avverte il rapporto, le attuali emissioni porterebbero ad un innalzamento della temperatura fino a 5 gradi e ad una perdita di due terzi dei ghiacciai della regione entro il 2100.

Ma se lo scioglimento dei ghiacciai dell’Himalaya potrebbe sembrare un evento ancora lontano, quello dei ghiacciai di bassa quota e più vicini alle zone abitate è giàrealtà e sta causando molte difficoltà al prosieguo della semplice vita che caratterizza questi luoghi.


Negli ultimi decenni infatti si sono verificate varie inondazioni dovute al collasso dei laghi glaciali, i cosiddetti GLOF (Glacial Lake Outburst Flood). Il susseguirsi di questi fenomeni e dovuto all’'erosione, ad eventi sismici o, più semplicemente, ad un'eccessiva quantità d'acqua all'interno dell'alveo che provocano la rottura delle sponde di ghiaccio ormai indebolite dalle alte temperature. Ecco che si genera un

GLOF: milioni di metri cubi d'acqua ghiacciata si riversano sulla montagna e raggiungono i più vicini villaggi, provocando ingenti danni ad abitazioni, strade, ponti, terreni agricoli e inghiottendo qualunque cosa si trovi sul loro percorso. Sono stati identificati molti altri laghi potenzialmente instabili a monte di regioni abitate, alcuni dei quali sono oggi oggetto di progetti ingegneristici diretti ad abbassare il livello delle acque al fine di ridurre il rischio di GLOF. Queste opere, tuttavia, sono sia costose che logisticamente complesse, a causa dell’altitudine e della difficile raggiungibilità di questi luoghi.

Oltre a questo particolare fenomeno, le temperature elevate causano anche il rapido estinguersi della neve presente ad altitudini inferiori. In questo modo l’acqua non ha il tempo di depositarsi all’interno delle falde acquifere, con gravi conseguenze per l’agricoltura delle zone più a valle.


Ma non è solo il caldo a preoccupare gli scienziati nepalesi. La ciclicità delle stagioni sta cambiando. Il Nepal, come molti stati dell’Asia meridionale, è caratterizzato da un clima tropicale-monsonico, con due stagioni principali: la stagione delle piogge (da giugno a inizio ottobre) e la stagione secca (da ottobre a maggio). Negli ultimi anni il confondersi delle due stagioni, in particolare la presenza di forti piogge monsoniche durante la stagione secca, sta causando gravi danni agli agricoltori locali, che vedono i loro raccolti danneggiati dalla violenza di queste piogge.


Parlare di queste problematiche ci fa comprendere che si, il cambiamento climatico è un problema globale di cui siamo tutti responsabili, ma poi sono spesso le piccole comunità locali, come quelle in Nepal, a pagarne il prezzo più alto. Ciò dovrebbe farci riflettere sul fatto che oggi siamo tutti legati gli uni agli altri e che i nostri comportamenti possono ripercuotersi dall’altra parte del mondo con effetti catastrofici. Per questo è importante restare uniti e cercare soluzioni in grado di garantire uno stile di vita sostenibile per tutti.


Articolo a cura di: Giuliano La Gaipa



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