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Museo Lombroso: le radici dell’antropologia criminale

Ciò di cui sto per trattare non è il set di un film dell’orrore: si tratta del museo dell’antropologia criminale fondato da Cesare Lombroso.



Questi, considerato tra i fautori del positivismo giuridico, ha gettato le basi della criminologia odierna, attraverso suoi studi approfonditi. Dopo aver partecipato alla seconda e alla terza guerra di indipendenza, si trasferisce a Torino e, tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900, ottiene l’ordinariato di psichiatria e quello di antropologia criminale.

Durante la sua permanenza a Torino, Lombroso approfondisce la ricerca dei tratti somatici nelle persone di detenuti e dei criminali uccisi nei conflitti con le forze dell’ordine, grazie alle abilità ottenute esercitando la professione di medico militare durante la guerra.


Punto di partenza degli studi di Lombroso è stata la fisiognomica, quella scienza, designata da Aristotele, che deduceva i caratteri spirituali degli individui dal loro aspetto fisico e, soprattutto, dai tratti del loro volto.

Basandosi su questa “pseudoscienza”, lo studioso riteneva che determinati tratti fisici fossero riconducibili solo ed esclusivamente a criminali o pazzi. Tra questi caratteri somatici rientravano, ad esempio, una fronte poco spaziosa, un mento pronunciato, una certa forma del cranio, degli occhi strabici, delle orecchie grandi e altri tratti particolari. Il riscontro di una o alcune di queste caratteristiche preannunciava la presenza, nei soggetti in questione, del cosiddetto “atavismo”.

La teoria dell’atavismo criminale considerava il reato come la regressione ad uno stato primordiale dell’evoluzione della specie, in cui il soggetto arrivava a compiere atti delinquenti per scaricare i propri istinti aggressivi e primordiali, come se fosse un animale ipoevoluto. Inoltre, secondo Lombroso, l’uomo bianco era il massimo dell’evoluzione della specie; pertanto, chiunque non fosse stato uomo o bianco, automaticamente sarebbe stato considerato portatore di una patologica diversità, che lo avrebbe condannato a condotte criminali per il resto della vita.

In sostanza, chi possedesse determinati caratteri era, senza possibilità di scelta, destinato ad essere un pericolo per la società appunto perché, secondo Lombroso, “delinquenti si nasce”.


Lombroso arrivò, inoltre, ad applicare le sue teorie nella pratica forense, sostenendo che la pena di morte fosse l’unico modo per fronteggiare gli istinti criminali, da lui considerati innati e per questo motivo non eliminabili. Da qui l’idea del medico di fondare il Museo di Antropologia criminale. Esso viene inaugurato ufficialmente nel 1898, a partire dalla collezione privata da lui riunita nel corso della sua vita. Difatti, egli scrive “Il primo nucleo della collezione era cominciato nell’esercito, dove, oltre che misurare craniologicamente migliaia di soldati, avevo accuratamente conservato dei morti i crani e i cervelli”.

La collezione viene aperta al pubblico per la prima volta nel 1884 e nel 1896 trasferita nei locali del Palazzo degli Istituti Anatomici. Lombroso non vide mai l’inaugurazione del museo poiché morì nel 1909. Il museo riunisce tutta la collezione privata dell’antropologo, di cui fanno parte tutti quei reperti (disegni, fotografie, corpi del reato) provenienti anche da suoi allievi e ammiratori e che furono per lui oggetto di studio per approfondire la teoria dell’atavismo criminale. Vi sono circa 684 crani e 27 resti scheletrici umani, 183 cervelli umani (non esposti), 58 crani e 48 resti scheletrici animali. In più, sono presenti alcuni corpi di reato utilizzati per compiere delitti, fotografie di criminali, abiti di briganti e molto altro. Tra i pezzi più importanti ricordiamo 150 teschi di criminali sardi, 250 di criminali piemontesi e 100 di malati terminali.

Di grande rilevanza è il cranio del criminale calabrese Giuseppe Vilella. Lombroso, dopo aver notato la presenza di una fossetta occipitale mediana nel cranio del soggetto, ricondusse la presenza di questo carattere alla propensione a delinquere. Convinto di aver compiuto una grande scoperta, Lombroso la celebrò con la nascita dell’Antropologia criminale.

Tuttavia, le teorie del medico sono state smentite, tanto è che la stessa fisiognomica è stata inclusa tra le pseudoscienze. Ad oggi, il museo è oggetto di contestazioni da parte di un comitato contro Lombroso che richiede, inoltre, la rimozione dei libri di testo e le commemorazioni a nome di Cesare Lombroso, nonostante sia stata precisata la funzione educativa dello stesso. Inoltre, molti dei resti umani conservati in questo museo sono ora oggetto di contese legali poiché si vorrebbe dare loro una degna sepoltura. Anche lo stesso comune di Motta Santa Lucia, luogo di nascita del criminale Vilella, ha richiesto la restituzione dei suoi resti, ottenendo, però, riscontro negativo dal momento che la Corte d’Appello di Catanzaro ne ha riconosciuto il valore di bene culturale e pertanto necessita di rimanere nella sede di Torino.


Articolo a cura di: Marica Cuppari



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