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Medicine at Midnight: l'esperimento dei Foo Fighters

Aggiornamento: 23 lug 2021

La band guidata da Dave Grohl è tornata con un nuovo album ricco di sonorità inedite e citazioni a capolavori del passato sperimentando con pezzi più movimentati, ma non meno coinvolgenti.



I Foo Fighters sono diventati tra le band più influenti del panorama musicale degli ultimi vent’anni grazie alle loro particolari sonorità, ottenute miscelando i più disparati sottogeneri del rock’n roll alla voce inconfondibile del vocalist Dave Grohl, ex batterista dei Nirvana, il leggendario gruppo del compianto amico Kurt Cobain. Sono passati più di 25 anni dal giorno in cui nella stessa Seattle dei Pearl Jam. Soundgarden e degli stessi Nirvana, nasceva il gruppo oggetto di questa recensione. Da quel momento i Foo Fighters hanno prodotto dieci album in studio e dato vita ad un fandom di milioni di ragazzi e adulti che da qualche anno a questa parte non hanno atteso altro che l’uscita di “Medicine at midnight”. Nel 2020 la band avrebbe festeggiato i suoi primi venticinque anni di carriera con la pubblicazione del nuovo album il quale, tuttavia, per cause dovute alla situazione pandemica, ha dovuto attendere più di un anno prima di vedere la luce. In questo articolo ci soffermeremo sui pezzi che più mi hanno colpito, sia in negativo che in positivo, tentando di essere il più obiettivo possibile sebbene si parli di uno dei miei gruppi preferiti di sempre.


A febbraio di quest’anno viene ufficialmente rilasciato il nuovo album dei Foo Fighters. L’ultima fatica del gruppo di Seattle è caratterizzata dall’eterno ritorno del suono alternative rock degli anni ’90: è inevitabile non ignorare alcuni ritmi più movimentati che portano la mente a “Let’s dance”, il celebre album del “duca bianco” David Bowie. Le citazioni si colgono sin da subito con la prima traccia “Making a Fire”, il lavoro più ottimista che i Foos abbiano mai inciso. Il riff chitarristico sale verso l’altro e un coro femminile canta un “na-na-na” solare che porta a un breakdown gospel da battimano e alla confessione: “Ho aspettato una vita per vivere”.



Dall’atmosfera dance generata attraverso il pezzo di apertura si passa a sonorità più rock come Holding Poison, traccia che rappresenta più delle altre la carriera della band: Nella settima traccia di “Medicine at midnight” il gruppo sembra rifarsi a suoi vecchi pezzi come “Learn to fly” (dall’album “There is nothing left to lose” del 1999) per presentare un ritornello capace di fare presa sul pubblico e, contemporaneamente, a canzoni come “Dear Rosemary" (da “Wasting light” del 2011) per definire, invece, l’umore generale del pezzo. “Holding poison”, però, guarda anche al passato meno remoto dei Foo Fighters, con quei cori pinkfloydiani nella seconda parte della traccia, dopo l’assolo di chitarra elettrica, che ricordano quelli della title track di “Concrete and gold” del 2017. Il risultato è una canzone che racchiude in sé diversi ambienti sonori che la formazione capitanata da Dave Grohl ha esplorato negli anni, suonando comunque come una versione efficace e diversa di qualsiasi cosa ascoltata in precedenza. Come l’intero disco, del resto; e dall’hardcore-leaning di No Son of Mine, a parere del sottoscritto la traccia meno convincente dell’album nonostante un Taylor Hawkins in gran forma (batterista della band). I Foo Fighters si rivolgono ai fan dello psichedelico con “Chasing bird”, una ballad con parti di synth quasi da musica ambient e una vena pop molto interessante, accompagnata da chitarre acustiche e fraseggi di chitarra elettrica che sembrano provenire da un’aria beatlesiana.


Il pezzo più coinvolgente del disco è sicuramente Waiting on a War: facile pensare al suo ritornello cantato da migliaia di fan all’interno di uno stadio o di un palazzetto!

Il disco si chiude con Love Dies Young, un brano perfettamente rock-pop. Il suo riff “trottato” di chitarra durante la strofa ci inietta la giusta carica per il ritornello esplosivo alla Kings Of Leons.


In conclusione si può dire di essere davanti ad un lavoro sperimentale, parzialmente andato a buon fine, che fa da ponte tra il rock del passato ed un futuro musicale incerto di cui tutti vogliamo sapere di più. In ogni caso godiamoci questo nuovo lavoro della nostra rock band preferita nella speranza di tornare prima possibile in uno stadio per godere insieme dell’ebrezza che solo i Foo Figters sanno regalarci!


FONTI: Rockol; Metallus; Ondarock.it


Articolo a cura di: Giuseppe Mafrica


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