Lock up your libraries if you like...
But there is no gate, no lock, no bolt that you can set upon the freedom of my mind.
Potrebbe sembrare assurdo ma, se ci si ferma a pensare, c’è un’enorme differenza tra il rapporto che hanno gli scrittori con il romanzo e quello che invece si ha con le scrittrici: le donne hanno avuto un diverso e limitato accesso alla cultura in passato e, anche per questo motivo, hanno avuto una fama più ristretta e a scuola vengono studiate molto meno rispetto agli scrittori, sebbene esse non siano assolutamente da meno rispetto ai primi. La questione non è affatto aggirata e, anzi, è stata e viene tutt’ora affrontata in conferenze e convegni, ai quali talvolta partecipano anche le scrittrici stesse. La scrittrice e saggista britannica Virginia Woolf è stata una di queste: non si è limitata semplicemente a prendere parte a queste conferenze, bensì ha tenuto un intero ciclo di conferenze dedicato alle donne e al romanzo e, per l’occasione, ha scritto il saggio narrativo “Una stanza tutta per sé”, pubblicato nel 1929.

Scrittrice di lingua inglese fondante e innovativa non solo per le scrittrici ma per la letteratura tutta, alla quale si deve l’introduzione del flusso di coscienza prima ancora di Joyce, al tempo del ciclo di conferenze aveva già pubblicato libri come Mrs. Dalloway e Al Faro, quindi possedeva già una notevole fama e proprio per questo le era stato chiesto di tenere quelle conferenze.
Secondo la scrittrice, per una donna che vuole scrivere romanzi sono fondamentali il denaro e una stanza tutta per sé stessa: quest’ultima verrà appunto utilizzata per dedicarsi alla scrittura, mentre il denaro è necessario averlo poiché durante la storia il denaro è stato investito solo per l’istruzione, la cultura e il potere dei figli maschi ma non per la cultura e la conoscenza delle donne; secondo il ragionamento riflessivo di Virginia Woolf, il possedere sia tempo, denaro e spazio è fondamentale, altrimenti le donne “non diventano Shakespeare”, ovvero non arrivano all’altezza del canone dei classici secondo la critica, emblematicamente rappresentata da Harold Bloom. Tuttavia, già 70 anni prima di questa affermazione di Bloom, la scrittrice britannica affermava che sarebbe stato impossibile per le donne scrivere come Shakespeare al suo tempo perché, anche se fosse esistita una sua ipotetica sorella e facendo uso di uno pseudonimo per pubblicare le sue opere, sarebbe stato molto difficile sopravvivere nella Londra del tempo e presentarsi al capo compagnia.
Virginia Woolf prende come modello Jane Austen ed Emily Brontë, le quali hanno l’onore di aver scritto come scrivono le donne e non come scrivono gli uomini ignorando le diverse voci, interiori ed esteriori, che le scongiuravano di essere raffinate e di riconoscere le “limitazioni del loro sesso”: per respingere queste voci e per affidare alla carta i loro pensieri senza l’ausilio di una tradizione alle loro spalle le scrittrici avrebbero dovuto essere determinate e risolute proprio come loro. Virginia Woolf immagina queste scrittrici convinte del fatto che esclusivamente gli uomini potessero comprare anche la letteratura, che è aperta a tutti e immagina che possano aver detto “Chiudete a doppia mandata le vostre biblioteche, se volete; ma non c’è nessun cancello, nessun lucchetto, nessun catenaccio che potete mettere alla libertà della mia mente.”, riprendendo temi già trattati dal commediografo Moliére nella sua commedia in 5 atti l’École des femmes – la scuola delle mogli – opera che fece non poco scandalo nel 1662.
Per quanto possa esser stato difficile in passato e per quanto alcune difficoltà si possano presentare tutt’ora, Virginia Woolf ci ha spiegato come la determinazione faccia andare oltre i se, i ma e oltre alle false colonne d’Ercole imposte dalla società.
Articolo a cura di: Claudia Crescenzi