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Le vacanze: una nuova forma di escapismo?

Il caldo estivo si comincia davvero a far sentire e con esso la voglia di mare, montagna, lago e chi più ne ha più ne metta. Le città afose si svuotano e le auto si riempiono di bagagli. Chi preferisce mete esotiche, chi il mare a pochi chilometri da casa, chi vuole solo rilassarsi e chi parte per un’avventura, ce n’è per tutti i gusti: ma è sempre stato così?



Di sicuro le vacanze sono un'invenzione moderna e assolutamente occidentale.

Infatti è stato solo nel secondo dopoguerra che si è diffusa in Italia la moda delle vacanze come rito a cadenza annuale. Molti direbbero che la nostra crescente passione per queste sia un fatto puramente economico: una volta la gente non aveva i soldi per permettersi questi lussi, ma il progressivo benessere economico ha permesso a molte famiglie di goderne. E allo stesso modo sarebbe proprio la differenza nella qualità di vita media degli occidentali rispetto a molti dei paesi del sud del mondo a creare questo gap culturale nell’usanza della vacanza.

Ma è davvero così? Sono solo i soldi ad aver permesso questo cambiamento, o vi sono altri fattori da considerare?


Cominciamo con una semplice domanda: sarà proprio un caso che il boom delle vacanze abbia avuto inizio in corrispondenza all’industrializzazione degli anni ‘50?

In questo periodo si fece strada l’idea moderna di tempo libero, ed è qua che vorrei concentrare l’attenzione: il tempo libero. Si comincia a scambiare sempre di più il proprio tempo per denaro, e quello che una volta era semplicemente tempo, perché una volta ce n’era così tanto da nemmeno dargli un nome, diventa improvvisamente speciale, diventa tempo libero.


Seguendo questo ragionamento, possiamo allora ipotizzare che le vacanze altro non siano che una forma moderna di escapismo dell’operaio medio alienato? Il protagonista Belluca della novella pirandelliana “Il treno ha fischiato” si fa allora riflesso del moderno italiano, che sogna il fischio del treno, e scappa - temporaneamente - per evitare di soccombere alla noia e l’anestesia della vita quotidiana da ufficio.


Innanzitutto definiamo escapismo – in termine psicologici : l'escapismo è una forma estrema di svago, spesso attraverso metodi ricreativi, il cui scopo è estraniarsi da una realtà nei confronti della quale si prova disagio.



Secondo alcuni studiosi, i fenomeni di escapismo (cui viene generalmente attribuita connotazione negativa di incapacità a relazionarsi con la realtà) hanno subito un considerevole incremento nel XX secolo a causa di un generale mutamento dello stile di vita verso contesti, ambienti e lavori sempre più estranei alla condizione naturale dell'uomo. Tra i sintomi di questo crescente straniamento, vengono normalmente indicati canali ricreativi il cui uso distorto può portare ad un allontanamento della realtà, quali la letteratura, la musica, lo sport, il cinema e la televisione, i giochi di ruolo, la pornografia, Internet e i videogiochi, oltre alla droga e all'alcool.


Cioè si cerca libertà in tutto ciò che va oltre l’ordinario: ma il problema non è l’evasione, quanto la realtà. Inoltre, non si può davvero definire libertà il rifugiarsi nello straordinario, poiché altro non è che un’ulteriore prigione, un rifugio di carta dalla realtà fattuale insoddisfacente.

Ecco, la mia tesi è che le vacanze altro non siano che un’altra forma di escapismo… un modo per dimenticare temporaneamente la propria vita routinaria dedita al lavoro.

Può sembrare folle la prognosi di escapismo a chiunque voglia farsi una meritata settimana al mare, e certo non posso negare di essere dentro la società che critico, e di regalarmi una vacanza ogni estate. Il punto è che, volenti o nolenti, consci o inconsci, tendiamo inevitabilmente a vivere per la serata, per il weekend, per il natale e per la vacanza estiva e tanto altro. Il punto è che passiamo la vita a tendere verso qualcos’altro, ad aspettare di fuggire il presente.

C’è una parola tedesca – vorfreude: letteralmente pre-felicità, cioè quella felicità che deriva dal pregustare una felicità futura. Può essere utile e anche positivo, pensare all’oceano quando si è chiusi fra quattro mura, ma non dobbiamo mai dimenticare di godere della luce che filtra attraverso le persiane, allo stesso modo in cui godiamo del sole sul mare.


Articolo a cura di: Arianna Roetta



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