Il fascismo: tra propaganda e verità
Aggiornamento: 27 ott 2020
“Quando c’era lui...”

A quasi un secolo dall’avvento del fascismo, questa frase, purtroppo, continua ad essere ripetuta e sostenuta da personaggi nostalgici di una dittatura caratterizzata da paura, razzismo, odio e privazione delle più basilari libertà. Certamente questa cultura nostalgica non ha mai abbandonato del tutto la coscienza sociale italiana, ma è sempre rimasta latente e pronta a riesplodere quando le circostanze fossero state più favorevoli. L’occasione sembra essersi presentata col dilagare di ideologie populiste e apertamente xenofobe. Episodi sempre più spaventosi fanno capire come un mostro sia stato liberato e non si provi più vergogna nell’essere razzisti e nostalgici di un’epoca che del razzismo ha fatto la propria ragion d’essere, basta guardare quello che troppo spesso accade negli stadi.
Solitamente chi sostiene l’ideologia fascista basa la propria convinzione su alcuni punti cardine che confermerebbero il benessere sociale di cui si godeva durante il ventennio, senza considerare il fatto che in un’epoca in cui la libertà di stampa e di pensiero era nulla, manipolare dati ed informazioni era la regola e quindi basare la propria analisi sulla scorta di quelle informazioni sarebbe aleatorio.
In una serie di articoli cercherò di analizzare e risolvere alcuni dei luoghi comuni più diffusi e l’impropria attribuzione al fascismo di alcune importanti riforme.
Molto spesso si afferma che la pensione sia un istituto creato durante il fascismo, così non è. Infatti, il primo sistema pensionistico risale al 1898 durante il governo Crispi. Nel 1919, tre anni prima dell’inizio del fascismo, il liberale Vittorio Emanuele Orlando estese a tutte le aziende italiane il sistema pensionistico e lo rese obbligatorio, da quel momento tutti i lavoratori italiani ebbero la pensione. La pensione sociale come oggi intesa sarà istituita nel 1969, 24 anni dopo la morte del duce.
La tredicesima mensilità e la cassa integrazione. La prima nacque effettivamente durante il fascismo nel contratto collettivo nazionale del lavoro del 1937 fu introdotta la “gratifica natalizia”. Bisogna però specificare che era un privilegio che spettava solo ai colletti bianchi e agli industriali, cioè i sostenitori del regime, mentre tutte le altre categorie di lavoratori si videro riconosciuto questo diritto nel 1960, quindici anni dopo la caduta della dittatura fascista. La cassa integrazione, invece, fu attivata nel 1947, due anni dopo la morte del duce. In sostanza le riforme significative per i lavoratori furono l’abolizione del diritto di sciopero, lo scioglimento di tutti i sindacati che non fossero quelli fascisti e per alcune categorie di lavoratori, l’aumento degli orari di lavoro senza un relativo aumento di salario.
Nel 1923 fu varato il primo Testo unico sulla bonifica delle terre, ispirato alla vecchia legge Ruini, che non fu mai attuato del tutto per contrasti procedurali con la successiva Legge Serpieri, sottosegretario alla Agricoltura del governo Fascista, iniziando così la propaganda sulla bonifica integrale delle terre paludose per restituirle all’agricoltura. Tuttavia, il processo di bonifica porta ad uno scontro con i latifondisti meridionali che ottennero le dimissioni del sottosegretario Serpieri. Ciò portò alla legge Mussolini del 1928, in cui veniva presentato un piano per la bonifica di 8mln di ettari di terreno da restituire all’agricoltura, senza specificare che il concetto di bonifica integrale era già stato studiato prima del fascismo. Nel 1933, Serpieri, nuovamente sottosegretario, e il ministro Acerbo vararono il nuovo T.U sulla bonifica integrale, definendo il tipo di intervento che sarebbe stato attuato. Nello stesso anno si capì come l’obbiettivo della bonifica integrale fosse solo un mezzo propagandistico e come, in realtà, i dati sulla bonifica durante il ventennio siano stati quasi integralmente inventati. Infatti, su 8 mln di ettari da bonificare, fu annunciata la bonifica effettiva di circa 4,7 mln di ettari, in realtà conclusi o a buon punto ne risultarono soltanto 2,1 mln, dei quali 1,5 mln bonificati precedentemente al fascismo e da questi soltanto ritoccati.
Spesso, erroneamente, si attribuisce al fascismo la legge sulle case popolari, anche perché effettivamente la propaganda fascista ne rivendicava la paternità. In realtà la legge fu fatta dal senatore Luigi Luzzati nel 1903. L’ unica cosa degna di nota attribuibile al fascismo fu la distruzione di circa 2 mln di edifici durante la guerra a cui volle ad ogni costo partecipare, pur consapevole della scarsa qualità del sistema militare italiano e dei pochi interessi che aveva l’Italia a partecipare alla guerra.
Queste sono alcune importanti falsità attribuite al Duce ma che, in realtà, sono state frutto di impegno e lavoro di persone che avevano a cuore il progresso sociale ed economico del Paese e non il consolidamento o l’aumento del proprio potere.
Antonino Cuppari