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La tutela ambientale nell’ordinamento europeo e nazionale

Nel terzo millennio, è imprescindibile una tutela ambientale adeguata: infatti, carte sovranazionali e Costituzioni nazionali presentano principi fondamentali e norme utili, anche se non sempre effettivamente attuati.



Nel nostro ordinamento, al momento, non esiste una definizione ben precisa di “ambiente”: se, da un lato, la Costituzione non ne prescrive una tutela diretta, dall’altro nella stessa Costituzione, per mezzo di una interpretazione agevole, è possibile rintracciare alcuni articoli che sanciscono una forma di tutela indiretta. Difatti, l’articolo 9 della Costituzione stabilisce che «La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione», mentre l’articolo 117 II comma della Costituzione sancisce che «Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: [...] tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali».


Indubbiamente, nel contesto giuridico-politico odierno, aperto all’interazione con ordinamenti diversi e non più ristretto nell’ambito squisitamente nazionale, sarebbe sbagliato fermarsi alle norme costituzionali italiane, senza analizzare quantomeno le norme dei Trattati alla base dell'Unione Europea – e delle fonti ad essi equiparate, quali la Carta di Nizza – come il Trattato sull'Unione Europea (T.UE) e il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (T.F.UE).


La politica ambientale dell’Unione è di competenza concorrente con gli Stati membri (ex art. 4 TUE) e si basa su diversi principi, elencati all’art.191, par.2 TFUE, tra i quali: principio di precauzione e dell'azione preventiva, principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché sul principio “chi inquina paga”. Questi principi, tra le altre cose, riprendono quelli elaborati a livello internazionale ed enunciati nella Dichiarazione di Rio (1992) su ambiente e sviluppo. Più in particolare, il principio di precauzione rappresenta un mezzo di gestione dei rischi, al quale fare ricorso nel caso in cui vi sia una incertezza scientifica circa un pericolo per l’ambiente o la salute derivante da una decisione specifica. Ciò potrebbe avvenire, per esemplificare, nel caso in cui non si avessero evidenze scientifiche riguardo l’innocuità di un prodotto e, per evitare rischi, si decidesse di bloccarne la vendita – sempre in modo non discriminatorio e proporzionato; mentre, il principio “chi inquina paga”, concretizzato dalla direttiva sulla responsabilità ambientale, è volto a prevenire o riparare il danno ambientale. Inoltre, sempre l’art.191 TFUE stabilisce obiettivi specifici, come la tutela e il miglioramento dell’ambiente, la protezione della salute umana, l’utilizzo accorto delle risorse naturali e la promozione di misure internazionali in campo ambientale, soprattutto contro il cambiamento climatico. In ultimo, la Carta di NizzaCarta dei diritti fondamentali dell’Unione, all’art.37 stabilisce che “Un livello elevato di tutela dell'ambiente e il miglioramento della sua qualità devono essere integrati nelle politiche dell'Unione e garantiti conformemente al principio dello sviluppo sostenibile.”



Ritornando all’interno dell’ordinamento nazionale e volendo approfondire la questione, la Corte di Cassazione ha affermato che «(ambiente è) il contesto delle risorse naturali e delle stesse opere più significative dell'uomo» (sent. n. 9727/1993) e che «si è distinto tra ambiente quale risulta dalla disciplina relativa al paesaggio, ambiente preso in considerazione dalle norme poste a protezione contro fattori aggressivi (difesa del suolo, dell'aria, dell'acqua etc.), ed ancora, ambiente quale oggetto di disciplina urbanistica e di tutela del territorio».


Quali norme garantiscono la tutela dell’ambiente? In primo luogo, le cc.dd. “leggi speciali” – realizzate appositamente per la tutela di una risorsa – che generalmente prescrivono una pena pecuniaria o detentiva per i trasgressori; in secondo luogo, alcune norme codicistiche, rintracciabili nel codice penale e nel codice civile, che perseguono, quale finalità ultima, la tutela degli interessi umani, e quindi soltanto indirettamente delle risorse ambientali di cui l’uomo dispone.


Nel Bel Paese, anche se nel lontano 1966 è stata realizzata una legge contro l’inquinamento atmosferico (c.d. antismog, n.615/1966), la prima legge a tutela dell’ambiente è la c.d. Legge Merli, per la tutela delle acque (n.319/1976). Questo atto normativo introduceva alcune disposizioni, poi aggiornate nel corso degli anni, riguardanti gli scarichi di tutte le acque e le fognature. L’anno successivo, un’altra legge ha disposto che la fauna selvatica fosse patrimonio indisponibile dello Stato, quindi soggetta a tutela statale e inalienabile. In seguito, la legge n.431/1985 (c.d. legge Galasso) ha posto sotto tutela alcuni beni paesaggistici e beni ambientali. Con la legge n.349/1986 viene istituito il Ministero per l’Ambiente e vengono individuati tre principi fondamentali: il danno arrecato all’ambiente colpisce l’intera collettività, per cui lo Stato – o gli altri enti pubblici territoriali – hanno l’obbligo di imporre il risarcimento da parte dell’inquinatore; le associazioni ambientaliste e ogni cittadino possono denunciare gli atti che danneggiano l’ambiente; la costruzione di qualsiasi opera pubblica può essere permessa solo dopo aver valutato l’”impatto ambientale”, cioè la compatibilità dell’opera con l’ambiente circostante, analizzata con perizie tecniche.


Articolo a cura di: Elenio Bolognese



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