La “Teoria della tensione”
E come questa si è scontrata con i tumulti e le manifestazioni causate dalla pandemia.

Durante questo anno di pandemia, abbiamo assistito ad un’altalenante, ma sempre presente, limitazione di alcune libertà individuali – dalla chiusura delle scuole, al coprifuoco notturno, fino al vero e proprio lockdown nazionale – allo scopo di prevenire un peggioramento delle condizioni già gravi ed instabili. Questo è stato possibile attraverso l’emanazione di numerosi Decreti Ministeriali, i quali hanno inevitabilmente creato uno stato di incertezza, impazienza e rabbia in molti, se non in tutti, i cittadini.
Nel corso di questo periodo si sono succeduti gesti disperati, ironici, irrispettosi, e anche folli. Riferito a questi ultimi basti pensare ad alcune giornate, nell’Ottobre 2020, in cui nelle più grandi città (come Milano, Torino, e molte altre) una folla si è riversata nei centri storici spaccando vetrine, derubando negozi e lanciando bombe carta e fumogeni; oppure quando molti, giovani soprattutto, a Napoli hanno attaccato la polizia, colpendo le macchine e non solo, e deturpato tutto ciò che si poteva distruggere o rovinare.
Le motivazioni dietro questi atti incivili e illegali (d’ora in avanti definiti
<<devianti>>) sembrano essere accomunate dal desiderio di tornare alla quotidianità precedente il covid-19, e di conseguenza alle restrizioni che ne sono conseguite. Anche se, sostanzialmente, si possono individuare due categorie differenti all’interno di queste manifestazioni violente: da un lato gruppi di lavoratori sfiniti dalla precarietà lavorativa a seguito delle misure di contenimento, dall’altra una massa eterogenea che comprende principalmente negazionisti del virus, coloro che sono convinti di vivere all’interno di una dittatura sanitaria, fino agli intolleranti della mascherina.
Nessuno tra le categorie sopracitate, però, ha avuto il buonsenso di ragionare sul fatto che creare assembramenti, per di più senza l’uso della mascherina, ha come sola conseguenza l’aumentare della diffusione del virus e, quindi, prolungare il periodo di contenimento. A questo, invece, hanno fortunatamente pensato i partecipanti di altre manifestazioni, quelle pacifiche, che sono riusciti a mantenere le distanze di sicurezza e protestare senza creare disagi sotto il punto di vista sanitario.
Ma, se in questo periodo storico è la presenza massiccia di regole e controlli da parte dello Stato a creare comportamenti devianti, prima di questa situazione i sociologi avevano individuato una diversa causa scatenante di questi atteggiamenti. Circa due secoli fa, infatti, la sociologia, prima grazie a Durkheim e successivamente attraverso il riadattamento di Merton, formulava la cosiddetta “Teoria della Tensione”, secondo la quale le azioni devianti – e, più in generale, tutto il fenomeno della devianza – scaturiscono da situazioni di anomia, ovvero dalla mancanza di norme sociali. Questa definizione, però, sembra venire smentita dai fatti descritti in precedenza; ma, allora, quand’è che, ipoteticamente, si instaura un clima adatto a prevenire fenomeni devianti?
A questa domanda forse possiamo trovare risposta all’interno dell’antica filosofia epicurea – ripresa poi da molti autori classici, come Orazio – la quale sottolinea l’importanza della “mediocritas”, ovvero il rispetto del “giusto mezzo”, e consiglia
di “stare in una posizione intermedia” per raggiungere l’equilibrio che è rappresentato dalla migliore condizione che si possa immaginare.
Quindi, accogliere una via di mezzo è una possibile soluzione alla ricerca di una forma di prevenzione dai comportamenti devianti – una tra le molte soluzioni, data la vastità di cause di questi atteggiamenti – che, in questo caso, consiste nell’adozione di misure e norme non troppo flessibili, ma neppure eccessivamente severe – questo, chiaramente, con riferimento ad una realtà in assenza della pandemia da Covid-19, la quale, per ora, necessita di essere contenuta anche con forme più dure.
Articolo a cura di: Letizia Malison