La teoria della decrescita: chimera o sogno concreto? (Pt.1)
La teoria della decrescita è una filosofia, sviluppata da Serge Latouche, che critica l’ideologia del produttivismo e del consumismo, evidenziandone i punti deboli e le conseguenze disastrose sulla società contemporanea.
La decrescita, “termine esplosivo” secondo Paul Aries, non è il contrario di “crescita”, né una semplice contrapposizione al capitalismo, ma la parola d’ordine per distruggere l’idea della “crescita per la crescita”, cioè di una crescita fine a se stessa – idea sicuramente accarezzata da Bush nel suo discorso a Silver Spring e poi applicata nella realtà dei fatti. Ancor di più, proprio per spiegare il “concetto” di decrescita. Serge Latouche parla di a-crescita (come per gli atei è l’a-teismo), cioè dell’abbandono della religione della crescita e dello sviluppo illimitato. Secondo gli studiosi della decrescita, infatti, i limiti della crescita sono definiti sia dalla quantità di risorse naturali non rinnovabili, che dalla velocità di rigenerazione della biosfera per le risorse rinnovabili.

Sovente accade che i media e i politici – in particolare coloro che vogliono accreditarsi quali sostenitori dell’ecologia e dell’ambientalismo – utilizzino erroneamente il termine “sviluppo sostenibile”, credendo che questo sia riconducibile alla “crescita sostenibile”; in realtà, quest’ultima non può che essere una contradictio in adiecto – o per i più ingenui una chimera – dato che non è possibile pensare che esista una crescita che, in quanto tale, è infinita ma, al contempo, sostenibile.
Di contro, il termine “sviluppo sostenibile” è considerato accettabile soltanto se riferito alla sfera economica, quindi quale “sviluppo senza crescita”, cioè il miglioramento qualitativo di una base economica fisica, mantenuta in uno stato stabile definito dai limiti fisici dell’ecosistema. Alla luce di quanto detto finora, è noto che il processo di rigenerazione della biosfera non sia in grado di sostenere il ritmo umano di sfruttamento delle risorse naturali. In un mondo “finito”, non è possibile pensare ad una crescita infinita; forse, allora, come diceva Ivan Illich, “l’organizzazione dell’intera economia in funzione dello star meglio è il principale ostacolo allo star bene.”
Sicuramente, è possibile indicare la decrescita quale “scelta di semplicità”: interessante, a questo proposito, appare la scelta di alcune cittadine americane e canadesi che, da alcuni anni, hanno creato un movimento di “downshifting”, volto a modificare il loro stile di vita ultra-consumista in uno più semplice e meno stressante. Per dirla con Gandhi – ma anche secondo il pensiero di Lev Tolstoj e Lanza Del Vasto – l’apice della civiltà si raggiunge secondo la tradizione di aparigraha (il non possesso), che non consiste nell’accumulazione e nel possesso, ma nella riduzione e limitazione dei bisogni (sobrietà del corpo e dell’anima).
Però, in estrema sincerità, un obiettivo di tale portata – particolarmente elevata, sia spiritualmente che materialmente – non può essere imposto: difatti, l’unica condizione che renda possibile una vera decrescita è un’operazione di “catarsi”, una purificazione dell’immaginario – al contempo – collettivo e individuale. Se imponessimo l’obbligo della decrescita – identicamente controproducente e lesivo come l’obbligo della crescita – sostituiremmo un imperativo categorico con un altro, il consumismo con l’austerità, senza ottenere alcun risultato benefico. Perciò, è necessario che aderisca alla decrescita soltanto chi crede davvero in quest’idea alternativa di futuro; e inoltre, la decrescita non può essere imposta proprio perché necessariamente “pluralista”, quale spazio in cui sviluppare una coscienza individuale e collettiva profonda.
Compreso il significato di “società della decrescita”, così come lo spiegano Serge Latouche e gli altri studiosi, è necessario analizzare i punti alla base di questo programma, “il circolo virtuoso delle 8 R”. Latouche, per orientare l’azione dei sostenitori della decrescita, ha deciso di utilizzare otto R, ognuna corrispondente ad un concetto ben preciso: Rivalutare, Ri-concettualizzare, Ristrutturare, Redistribuire, Rilocalizzare, Ridurre, Riutilizzare, Riciclare. Per interesse personale, ho concentrato la mia analisi sui concetti di Rilocalizzazione e della Ridistribuzione, che, alla luce della ricerca effettuata, ritengo alla base del programma della decrescita.
Nel prossimo articolo, approfondirò questi diversi modi di atteggiarsi della decrescita.
Articolo a cura di: Elenio Bolognese