La sfida ecologista dell'Unione
Aggiornamento: 24 nov 2020
L’UE riscopre la sua anima ambientalista e prepara il Green New Deal. È la strada giusta?

L’Unione Europea è ferma ad un bivio fondamentale, la cui importanza trascende gli stessi confini europei e investe, per alcuni versi, non solo il futuro dell’Unione e dei suoi cittadini, ma anche l’avvenire dell’intero globo. Le mobilitazioni ambientaliste, giovanili e non, ispirate da Greta Thunberg – piaccia o meno, la sua influenza non è trascurabile – unitamente sia ai risultati positivi ottenuti dai Verdi, nelle varie declinazioni nazionali, alle scorse elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo, che ad un riscoperto interesse per le tematiche ambientali, hanno condotto le istituzioni dell’Unione ad una riflessione ponderata circa la strada da scegliere.
Svolta ambientalista? Per fortuna sì. Infatti, l’Unione Europea ha deciso di investire risorse ingenti in un ambizioso piano ambientalista, il Green New Deal, con l’obiettivo principale di non generare più, entro il 2050, emissioni nette di gas a effetto serra, centrando la “neutralità climatica” così da riuscire a basare il proprio sviluppo economico unicamente su risorse rinnovabili.
Concretamente, il Green New Deal europeo prevede una tabella di marcia atta sia alla promozione dell'uso efficiente delle risorse – finalizzato al coronamento di un'economia pulita e circolare – che alla salvaguardia della biodiversità e alla riduzione dell'inquinamento.
Gli strumenti individuati e predisposti per il raggiungimento di questi obiettivi investono tutti i settori dell’economia: difatti, concernono la decarbonizzazione del settore energetico – che ad oggi rappresenta il 75% delle emissioni inquinanti – l’introduzione e la valorizzazione di forme di trasporto privato e pubblico più pulite e sane (dato che, ad oggi, i trasporti rappresentano il 25% delle emissioni inquinanti), il perseguimento di una maggiore efficienza energetica degli edifici e la collaborazione con gli altri enti internazionali per l’elevazione degli standard ambientali globali.
Contemporaneamente, questa transizione green non deve lasciare indietro nessuno – e qui deve farsi sentire lo spirito solidaristico dell’Unione – in modo tale da incarnare i valori di equità e giustizia. Infatti, nel territorio europeo esistono diverse aree che, a causa di un utilizzo massiccio di risorse fossili, incontreranno evidenti difficoltà nel passaggio ad un’economia verde. Perciò, l’Unione ha approntato il “Just Transition Mechanism”, cioè il meccanismo per una transizione giusta che mobiliterà ben 100 miliardi per il periodo 2021-27 nelle regioni più bisognose, quali ad esempio gli Stati del blocco di Visegrad – la Polonia su tutti – chiaramente dubbiosi.
E l’Italia? Il Belpaese, secondo le stime effettuate, dovrebbe ricevere 364 milioni per la transizione verde. È chiaro che, a maggior ragione in un settore così delicato quale quello ambientale, sia necessario un atteggiamento propositivo e proattivo, tanto da parte delle Istituzioni quanto dagli Stati membri, per evitare un’Europa squilibrata e a più velocità. Inoltre, per comprendere appieno la portata di questo nuovo “patto verde”, può essere utile analizzare le dichiarazioni positive rilasciate dai vertici delle Istituzioni europee.
La Presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen, ha dichiarato che “il Green Deal europeo è la nostra nuova strategia per la crescita. Ci consentirà di ridurre le emissioni e di creare posti di lavoro”; a queste dichiarazioni, ha fatto eco il commento realistico del vicepresidente Valdis Dombrovskis, che ha evidenziato che “una Europa verde non vedrà la luce dall’oggi al domani. Inserire la sostenibilità al centro del modo in cui investiamo richiede un cambio di mentalità. Stiamo compiendo un importante passo per raggiungere questo obiettivo”; sulla stessa lunghezza d’onda, Frans Timmermans, vicepresidente, “proponiamo una transizione verde e inclusiva che contribuirà a migliorare il benessere delle persone e a trasmettere un pianeta sano alle generazioni future”.
Buoni propositi che, viste le circostanze attuali – alla luce di catastrofi naturali che hanno già travolto il globo o incombono nel breve periodo – richiederebbero un impegno sincero e profondo in una visione corale, non solo nella “ristretta” prospettiva del territorio europeo, ma anche di concerto con gli altri attori della comunità internazionale.
Elenio Bolognese