La rivoluzione visiva a partire dal primo acquerello astratto
Durante dagli anni dieci del Novecento, viene messo in discussione il modo di concepire l’arte. Riprendendo le parole di Kandinskij “l’arte astratta vuole comunicare allo spettatore sensibile emozioni sottili, non inesprimibili a parole”. Dunque se la domanda principale posta dallo spettatore era “Cosa rappresenta ciò che vedo?”, davanti ad un’opera astratta il valore espressivo viene captato mediante la scelta accurata dei colori e delle forme, ecco perché ci si chiede: “Cosa mi trasmette?”. La comunicazione da parte del pittore avviene dunque grazie al gioco di colori, principalmente primari, e delle linee, curve, orizzontali, verticali, oblique scelte e rappresentate a seconda dello stato d’animo dell’artista e la sua interiorità profonda, eliminando così ogni riferimento inerente al mondo visibile. Si da un taglio netto a quell’arte imitatrice del reale e del naturale per fare un passo avanti verso una rivoluzione visiva ma che assume la forma di ciò che interpretiamo individualmente.

Il Primo acquerello astratto (1910), ad oggi conservato presso il Musée national d’Art moderne, Centre Georges Pompidou di Parigi, fu la prima opera non figurativa della pittura occidentale. Ciò che Kandinskij rappresentò fu uno schizzo, uno “scarabocchio” riconducibile ai primi tratti effettuati dal bambino in età infantile, un primo approccio che egli tenta di instaurare con la realtà. Il pittore volle appunto esprimere il primo contatto dell’uomo con il mondo in un modo e in una realtà del tutto diversi dal “normale” e distanti dalla realtà fisica. La composizione in sé appare come allegra e giocosa, non vi è alcuna preparazione né tanto meno uno schema compositivo preciso. Le immagini volutamente non hanno una forma precisa, piuttosto il colore viene rappresentato a macchie di diverso colore, sfumatura, intensità e dimensione; è questo tipo di disposizione a suscitare il senso della composizione. L’artista accostò colori caldi predominanti, tendenzialmente espansivi, a quelli freddi che hanno la tendenza a contrarsi, in modo armonico secondo un principio musicale dove il ritmo è sancito proprio dalla scelta di tale disposizione. Se in alcuni casi, i segni sembra vogliano indicare il movimento del colore e delle macchie stesse, in un secondo momento fungono quasi da limitatori o contorni.
“Il colore è un mezzo di esercitare sull’anima un’influenza diretta. Il colore è la tastiera, gli occhi sono il martelletto, l’anima è un pianoforte con molte corde. L’artista è la mano che suona, toccando un tasto o l’altro, per provocare vibrazioni nell’anima.” Disse.
Sono due le tipologie d’astrattismo riconosciute: geometrico e lirico. È proprio in quest’ultimo, sviluppatosi poco prima, che si manifesta l’arte di Kandinskij, con la certezza che la bellezza possa risiedere anche solo nell’idea che si ha di qualcosa, pur non avendo una forma specifica e un’identità riconoscibile. Con l’idea di imprimere la tela di tratti che sottolineano la propria esperienza e la propria anima, ma che posta dinnanzi uno spettatore susciti diverse emozioni, nuove dalle originarie, diverse da persona a persona, ma le proprie, perché sincere e perché non condizionate dal reale.
“L’occhio aperto e l’orecchio vigile trasformeranno le più piccole scosse in grandi esperienze.”
Che dire, non è forse così che si accende l’entusiasmo e la voglia di vivere? L’arte sa fare anche questo.
Articolo a cura di: Matilda Balboni