La piaga della disoccupazione giovanile
“Dopo 15 colloqui andati male mi sono sentita inutile. Mi ripetevo: non ho alcuna speranza”, racconta Corinna a soli 21 anni. Dopo il diploma in lingue ha scelto di buttarsi direttamente nel mondo del lavoro per seguire il suo talento. Dopo le prime settimane di esperienza, poi, i proprietari del negozio le fanno la proposta di assunzione in un nuovo punto vendita. Questo punto vendita non ha mai visto apertura, causa pandemia. La giovane da allora ha passato le sue giornate a cercare disperatamente un’occupazione: 15 colloqui tutti andati male. Corinna parla di scoraggiamento, frustrazione e sfiducia. Parole che appartengono a migliaia di suoi coetanei connazionali.

Troppo giovani per lavorare o troppo grandi per essere assunti: è ciò che molti ragazzi ad oggi vivono riguardo la propria situazione lavorativa tra sconforto, vergogna e senso di smarrimento.
La disoccupazione, in particolare quella giovanile, ha costituito per un lungo tempo in Italia una piaga difficile da sanare, soprattutto relazionata allo scenario lavorativo europeo. Nel ricercare le cause di questo fenomeno sono emerse alcune possibili teorie: secondo alcuni l’aumento della disoccupazione giovanile sarebbe da imputarsi al mancato incontro tra domanda di lavoro espressa dalle imprese e l’offerta di lavoro proveniente dai lavoratori, i quali ricevono da scuole e Università una formazione generalista eccessivamente improntata sull’acquisizione di conoscenze e poco mirata alla trasmissione di competenze, quelle competenze di cui le imprese hanno bisogno; secondo altri essa dipende essenzialmente dal combinato di un calo di lungo periodo della domanda aggregata e dalla crescente fragilità della nostra struttura produttiva, particolarmente nel Mezzogiorno. Alla luce di quest’ultima teoria si può dire che la disoccupazione giovanile sia aumentata, da un lato, perché le imprese hanno trovato conveniente, in una fase recessiva, non licenziare lavoratori altamente qualificati per non dover sostenere i costi della formazione dei neoassunti, dall’altro per il blocco delle assunzioni nel pubblico impiego.
La disoccupazione giovanile è un problema destinato ad avere una incisione negativa a lungo termine. Difatti, lasciare indietro i giovani non vuol dire solo creare isolamento, dipendenza e mancanza di stima verso se stessi, ma comporta anche conseguenze negative per l’economia e per le società in generale che tendono ad invecchiare più rapidamente. I giovani, in linea di massima, sono i più colpiti dalle crisi economiche e quindi quelli più a rischio di esclusione sociale.
Di recente, però, l’Istat ha diffuso dei dati su occupazione e disoccupazione che registrano un generale miglioramento. Le persone in cerca di lavoro sono circa 2.338.000, con 43mila unità in meno su ottobre e 53mila su novembre 2020. Gli occupati a novembre sono 64mila in più di ottobre, rispetto a novembre 2020 sono 494mila in più, rispetto a gennaio 2021 sono 700mila in più e rispetto al periodo pre-pandemico 115mila in più. Il tasso di occupazione sale per tutte le classi di età e arriva al 58,9%. In totale gli occupati sono più di 23 milioni, primo dato positivo dall’inizio della pandemia. Relativamente ai giovani, di età compresa tra i 15 e i 24 anni, il tasso di disoccupazione cala al 28%; il tasso di occupazione sempre in questa fascia di età è invece in calo al 18%, mentre cresce il numero degli occupati in età compresa tra i 25 e i 34 anni al 63,5%. Per quanto concerne l’eurozona, secondo quanto riportato dall’Eurostat, la disoccupazione cala al 7,2% mentre nell’UE è al 6,5%.
Quanto all’Italia il tasso della disoccupazione giovanile è ad oggi in calo (28%) ma è il terzo più alto a livello europeo dopo Grecia e Spagna.
Tuttavia, la situazione, per quanto in miglioramento, non può definirsi del tutto risolta. È inammissibile pensare che tutto ciò sia stato ignorato anche al momento di progettare le misure che avevano l’obiettivo di far ripartire il paese. Un Paese, per ripartire, deve prima di tutto pensare al futuro e, dunque, l’attenzione dovrebbe essere concentrata prima di tutto sui giovani, motore della società.



Articolo a cura di: Marica Cuppari