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La (mal)sana e robusta costituzione ambientale

Il nostro paese annaspa in seguito alle recenti piogge, che hanno messo a dura prova diverse città da Nord a Sud. Indubbia è una delle cause: i cambiamenti climatici.


Cementificazione senza fine, urbanizzazione selvaggia, devastazione degli ambienti verdi, abusi edilizi e chi più ne ha più ne metta. L’Italia, mai stata effettivamente una nazione dal “pollice verde”, oggi paga le conseguenze catastrofiche di scelte urbanistiche aberranti (per usare un eufemismo) e si mostra estremamente vulnerabile ai cambiamenti climatici in corso. Se è vero – come è vero – che la Politica (quella, come direbbe qualcuno, con la P maiuscola) latita, e assieme ad essa una programmazione lungimirante e sostenibile, è oltremodo evidente che “bisogna rispettare l’albero (non) solo per la sua ombra”, proverbio che, per la sua attuazione, non richiederebbe particolari capacità politico-amministrative. Qualcuno direbbe “siamo in Italia” – con tono chiaramente rassegnato – e come dargli torto, se poi intere città sprofondano a causa dei fendenti temporaleschi? Per comprendere la situazione climatica, è d’uopo un’attenta analisi.


L’aumento delle temperature e la frequenza più intensa di eventi climatici estremi, quali precipitazioni particolarmente intense, colpiscono con maggiore durezza le città, poiché la cementificazione selvaggia, l’inquinamento atmosferico causato da mezzi di trasporto e la quasi totale assenza di aree verdi comportano la creazione di “isole di calore” urbane. E non solo! Difatti, è proprio l’urbanizzazione sregolata e smodata – in luogo della naturale presenza di aree verdi – la principale causa di dissesto idrogeologico, un fenomeno direttamente legato alla fragilità del terreno – soggetto in misura maggiore a frane e cedimenti, poiché limitato nelle sue funzioni di assorbimento d’acqua.



Con il precipuo obiettivo di rendere possibile il controllo di tali fenomeni, l’Istat raccoglie dati riguardanti temperature e precipitazioni, riconducibili ai capoluoghi di provincia.


In primo luogo, muovendo da un confronto necessario, cioè tra la temperatura media relativa al periodo 2007-2016 e quella del 2018 – dato più recente in nostro possesso – è possibile evidenziare come la temperatura media, registrata in tutte le stazioni italiane, sia pari a 16,1°C, un aumento di + 0,4°C rispetto all’altro lasso di tempo preso in considerazione. In particolare, proprio per non dover più dire “non ci sono più le mezze stagioni” senza cognizione di causa, in 87 capoluoghi di provincia – di cui 40 nel Nord del Paese (ad esempio, Mantova +1,3°C, Massa e Venezia +1,2°C) – la temperatura (al 2018) è aumentata. Per di più, nel caso in cui si volesse andare a ritroso nel tempo, si potrebbero paragonare i dati odierni con quelli relativi al trentennio 1971-2000, per poter verificare se (e in che numeri) la temperatura ha registrato variazioni. In effetti, concretamente, è stato possibile registrare una vera e propria anomalia climatica, ovverosia la differenza tra il valore di un parametro meteorologico “x” (temperatura media al 2018) e il valore medio di lungo periodo “y”, detto normale climatologica (temperatura media al 1971-2000). Tale anomalia è più evidente a Roma, la cui temperatura media nel trentennio preso a riferimento era di 15,8°C e oggi è aumentata di 2,3°C; a ruota seguono Milano e Torino, entrambe con +2°C.



In secondo luogo, è altrettanto utile l’analisi delle precipitazioni. L’Istat, come per le temperature medie, indica sia il valore medio di precipitazioni del 2018 (in raffronto a quello del periodo 2007-2016) che le anomalie del livello medio di precipitazioni, tra il 2018 e il trentennio 1971-2000, con riferimento al numero di giorni nei quali sono cadute precipitazioni molto intense, superiori a 20mm. Secondo quanto rilevato, le precipitazioni hanno registrato un aumento medio di +33,7 mm nel 2018, rispetto al periodo 2007-2016; in particolare, l’aumento è stato più elevato al Sud (ad esempio Enna+504,8 mm, Lecce+455,9 mm, Oristano+438,2 mm e Catanzaro+438,0 mm). Il dato scaturente, forse per molti inaspettato, è verificabile praticamente per mezzo dei recenti tristi fatti di cronaca (due su tutti, Crotone e Reggio Calabria). Per quanto concerne le precipitazioni molto intense registrate nel trentennio 1971-2000, rispetto al 2018, Torino e Milano presentano un calo rispettivamente di -1 giorno e -8 giorni di piogge; mentre Palermo registra un incremento di 4 giorni.


I dati hanno il pregio di evidenziare, con dovizia di particolari, i cambiamenti in atto che, unitamente ai fenomeni antropici, cagionano non pochi danni al nostro territorio, già abbandonato. La Politica, la grande assente in materia, dovrebbe riscoprire il suo ruolo di guida e tracciare il percorso corretto da seguire, per marcare un’inversione rispetto ai tanti, troppi errori commessi in materia ambientale.


Articolo a cura di: Elenio Bolognese



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