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La Luna Nera – Il fallimento di un nobile intento

Nell’Italia del diciassettesimo secolo, la giovane Ade deve fare il possibile per sfuggire alla furiosa caccia alle streghe che imperversa a causa dell’odio nei confronti di quelle donne che possiedono particolari poteri. La serie, la cui prima stagione conta sei episodi, non è stata rinnovata da Netflix, ma penso valga comunque la pena analizzarne alcuni aspetti che sono stati per me se non altro dei validi spunti di riflessione, nel bene e nel male.


Foto da: https://www.jamovie.it/luna-nera-trailer-ufficiale-della-serie-netflix/

Ci sono dei punti a favore, come la fotografia senza dubbio interessante, così come alcuni elementi poco riusciti (ad esempio i dialoghi in italiano alquanto imbarazzanti) sui quali non mi dilungherò perché non ne ho la competenza tecnica. La mia sarebbe solo una sterile espressione di gusti personali e non è questo ciò che mi preme comunicare.


È un’altra quella che penso sia la questione più importante da affrontare riguardo La luna nera, il motivo che mi spinge a scrivere questo articolo: questa serie aveva un potenziale a mio parere enorme sotto alcuni punti di vista, potenziale che non penso sia riuscita a sfruttare. Non posso fare a meno di notare che l’intento iniziale, nobile e apprezzabile, di portare sullo schermo un prodotto convintamente femminista sia stato trasformato in qualcosa di diverso. C’è una sorta di dicotomia che percorre tutta la serie: un contrasto irriducibile tra buoni e cattivi, in cui però (con pochissime eccezioni e anche queste poco convinte) i primi sono identificati con le donne e i secondi con gli uomini. Si potrebbe certamente dire che l’obiettivo primario fosse quello di analizzare la situazione delle donne discriminate in quanto tali, in passato come ora, utilizzando la questione della stregoneria come archetipo e metafora, ma ci sono altri prodotti che lo hanno già fatto e che lo hanno fatto meglio.


Non penso fosse questo il messaggio che la produzione intendeva mandare, ma l’impressione che si ricava è che essere donna (e di conseguenza una strega) ti rende speciale, forse addirittura migliore, e che gli uomini sono i cattivi che cercano di tarparti le ali. Trovo un peccato aver sprecato questa occasione di fare del sano attivismo femminista (in quanto il tema principale della serie si prestava perfettamente) per finire su una superficiale auto-celebrazione. Mi sarebbe piaciuto vedere più varietà negli schieramenti, una analisi più profonda dei meccanismi alla base di un fenomeno tanto importante quanto complesso quale l’oppressione patriarcale.


Verso la fine della serie ho avuto un momento di ottimismo (se non avete visto la serie, avete intenzione di farlo e non volete spoiler, fermatevi qui perché non posso evitare di farne per sviscerare gli aspetti che vorrei analizzare): quando viene svelato che l’oggetto della profezia che aleggia nel corso di tutte le puntate è Valente, ossia il fratello di Ade, ho sinceramente sperato che questa rivelazione servisse a ridefinire l’intera serie, mostrando alle stesse protagoniste come anche un maschio possa essere “come loro”, potente, buono, portatore di luce e magia. Invece, la trama vira nuovamente, perché Valente è in realtà una bambina. Questo colpo di scena vanifica un’opportunità fantastica, ossia quella di dimostrare che non ha senso separare donne e uomini in buoni e cattivi, in “speciali” e “non speciali”.


Spero in futuro di vedere un attivismo diverso, che colga l’essenza vera e più profonda del femminismo, non rischiando come questa serie di banalizzare temi così profondi e allontanare ancora di più chi di femminismo purtroppo capisce e vuole capire ben poco.


Articolo a cura di: Alysia Giorgia Voltattorni

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