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La figura professionale dell'educatore

Oggi chiunque si avvicini al complesso mondo dei servizi, siano essi sociali, sanitari o rivolti alla formazione, si imbatte in una figura centrale ed essenziale, quella dell'educatore. Purtroppo il sistema legislativo è intervenuto più volte per definire e inquadrare tale professione, ma i risultati hanno generato ancora maggiore incertezza e contraddizioni secondo l'espressione inglese law and disorder. L'educatore ha finito con l'assumere i contorni di una figura liquida, sospesa tra interventi mirati al recupero e all'assistenza oppure rivolti ad una vera e propria formazione dell'utente.

È un mestiere – meglio sarebbe definirlo vocazione – su cui grava anche la pesante eredità degli anni '60 del secolo scorso quando l'ambito lavorativo era circoscritto alle strutture di recupero e/o rieducazione, come carceri, riformatori e centri correzionali. Gli interventi normativi degli anni successivi non hanno portato, purtroppo, a definizioni certe ed univoche.



Gli anni '90 hanno rappresentato una evoluzione della materia: dopo un iter durato ben sette anni (si pensi al Decreto 502/92 – Riordino della disciplina in materia sanitaria), si è giunti nel 1999 con la Legge 42 ad una parziale riordino della figura professionale dell'educatore. Successivamente, a seguito dell'approvazione della Legge 328/2000, si è tornati a legiferare sulle “figure professionali sociali” individuandone i profili e gli ambiti di intervento.

Recentemente la Legge di Bilancio 2018 ha prodotto un doppio binario costituito da due figure parallele, ma leggermente differenti per quanto riguarda gli ambiti operativi: l'educatore professionale socio-sanitario e quello socio-pedagogico.

Tutti gli interventi di cui abbiamo accennato hanno contribuito soltanto a sovrapporre norme su norme e a confondere i contorni di questa professione. Meglio sarebbe stato pensare alla creazione di un preciso Albo Professionale che rendesse finalmente merito e giustizia a tale inquadramento lavorativo.

Proviamo, senza presunzione, a far chiarezza. L'educatore è una figura che svolge incarichi delicati ed essenziali: opera su soggetti che non posseggono adeguate risorse economiche, affettive, familiari, cognitive e psicologiche. Supporta tali utenti promuovendone le life skills così da permetterne l'uscita da quello stato di minorità sociale che ne impedisce la realizzazione come persone.



Ma non solo. L'educatore può spendere la professionalità acquisita, non solo nei confronti dei soggetti svantaggiati, bensì verso l'intero tessuto sociale per favorire campagne di prevenzione e benessere, oppure per costituire un sostegno a quanti si trovano in momentanee situazioni di difficoltà (si pensi ai caregivers domestici). Una professione che richiede un forte codice deontologico, la capacità di lavorare in équipe e l'applicazione di quell'approccio non direttivo di cui Rogers è stato teorico e maestro.

L'educatore sa che non è possibile fermarsi ad una visione del mondo statica, ma che occorre sempre rimettersi in discussione, aprirsi al dialogo Io-Tu, non rinunciare alla ricerca di un senso e di un significato al proprio agire educativo. In quest'ottica la sua è una missione che lo impegnerà per tutta la vita. Una missione che aspetta un suo equo riconoscimento.

Operare, per l'educatore, significa possedere quella innata propensione a capire l'altro che deriva da una proficua intelligenza emotiva che rappresenta uno dei requisiti essenziali per questa professione. Educare l'utente, sostenerlo, accompagnarlo nel cammino della vita – spesso rimanendo discretamente in ombra – è il traguardo più bello che si possa raggiungere, Dare un senso a storie di vita spesso confuse da vicende impreviste, conferire dignità ai sentimenti, favorire lo sviluppo di relazioni sane: sono compiti ardui, ma doverosi per chi crede in questo lavoro. Questo dovrebbero capire i legislatori. I codicilli sono un'altra storia, una storia che non ci appartiene.


COLLABORAZIONE - Articolo a cura di: Dott. Joni Antoni



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