La crisi della cultura musicale nel manga: Le Bizzarre Avventure di JoJo
Aggiornamento: 27 ott 2020

Quando si parla di crisi della cultura musicale si pensa subito al grido d’allarme lanciato dalle case discografiche, al diritto d’autore, al fenomeno dello streaming, alla nuova regola del sound “liquido” ed ai talent show. Ebbene, tutto ciò è possibile rappresentarlo solo in documenti, articoli ed interviste?
Assolutamente no. Un modo diverso di rappresentare questo stato di crisi con degli strumenti differenti ce lo fornisce il mangaka giapponese Hirohiko Araki: classe 1960, amante dell’Italia e della buona musica, Araki è l’autore della serie di manga che porta il nome di “Le Bizzarre Avventure di JoJo”.
Quest’ultima è un’opera che prende forma dai dischi ascoltati dall’autore: i personaggi oppure i loro poteri, che dalla terza serie si chiamano “Stand”, prendono infatti i loro nomi da canzoni di gruppi del mondo occidentale, oppure direttamente dai gruppi stessi, che generalmente spaziano dagli anni Settanta del secolo scorso fino alla fine degli anni novanta; lo stesso soprannome del protagonista, “JoJo”, deriva dal primo verso della canzone “Get back” dei leggendari Beatles. Altri importanti e palesi riferimenti a musicisti e canzoni sono, per esempio, il riferimento al cantante heavy metal Ronnie James Dio per il nemico principale della serie, Dio Brando, così com’è un riferimento al gruppo glam rock Suzie Quatro la moglie di uno dei protagonisti Suzie Q, oppure il semplice fatto che nella sigla finale della prima e terza serie troviamo rispettivamente “Roundabout” del gruppo progressive rock Yes e “Walk like an Egyptian” del gruppo pop rock Bangles.
In un’intervista, il mangaka ha affermato che il suo stile di scrittura è pesantemente ispirato dall’adorato cantautore statunitense Prince, al quale ha ispirato il protagonista della quarta parte del suo manga, Josuke Higashikata: la caratteristica che più di tutte fa ispirare Araki a Prince è lo stile di quest’ultimo, il ritmo delle sue canzoni è decisamente brusco, irregolare e particolare, un ritmo che l’autore si impegna ad incorporare nella sua scrittura, affermando: «Io voglio portare il lettore a dire “Aspetta, ma che cosa sta succedendo?”».
Dopo le prime quattro serie, spiega in un’altra rivista il mangaka giapponese, le difficoltà per trovare i nomi ai suoi personaggi sono sempre più aumentate in quanto, come afferma lo stesso scrittore: «non riesco a trovare più nessuna buona band».
Araki ammette di essere arrivato ad un punto tale da dover cercare nuovi gruppi e nuove canzoni sull’internet, nonostante la consapevolezza che ciò non avrebbe potuto portare i nomi dei nuovi personaggi alla qualità di quelli delle serie precedenti; a riguardo, in un’intervista lo scrittore ha infatti spiegato e precisato: «Sapevamo che questo giorno sarebbe arrivato. Sin da quando uno stand venne nominato “Green Day”, il buon gusto in fatto di gruppi era finito.»
Quindi se, almeno in primo luogo, quando parliamo di crisi della cultura musicale pensiamo a qualsiasi cosa, ma non ci passa neanche nei meandri più oscuri della mente che questa imponente crisi si riverberi sul mondo dei fumetti, ebbene ci sbagliamo, ed Hirohiko Araki ci dimostra che la musica influenza più di quanto vogliamo credere.
Claudia Crescenzi