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La Cannabis sativa: valido sostituto di plastica e carburanti

Olio, farina, caffè, infusi, birra, integratori alimentari, mangime per animali, cosmetici, saponi, carta. Non è una lista di cose che non hanno alcun nesso l’una con l’altra, ma solo un parziale elenco dei prodotti ottenibili dalla lavorazione della Cannabis sativa, il cui stelo è ricco di fibra e cellulosa.



Questa pianta, appartenente alla famiglia delle Cannabaceae, è una delle specie legali per la sua bassa produzione di THC (tetraidrocannabinolo), sostanza psicotropa prodotta in maggior quantità da altre varietà la cui coltivazione è vietata in molti paesi, poiché venduta per scopi ricreativi. Pianta dai mille usi, utilissima sia in campo medico che in agricoltura, la canapa sativa è una realtà che già in parte rappresenta l’alternativa alla produzione di plastica e carburanti, sebbene la strada per soppiantarli completamente sia ancora lunga per gli elevati costi di produzione. La canapa è innanzitutto una risorsa ‘carbon-negative’, nel senso che, così come tutte le piante, assorbe l’anidride carbonica dall’ambiente e di conseguenza il suo impiego per usi alternativi non rilascia gas serra.


La bioplastica ottenuta dalla fibra è un materiale completamente naturale, riciclabile, eco-compatibile, atossico, molto più resistente di quella tradizionale e può essere usato per conservare gli alimenti. Infatti, è risaputo che, a contatto con alimenti e liquidi, la plastica tradizionale può rilasciare sostanze tossiche. Quando si parla di bioplastica non si può non nominare la Kanèsis, start-up nata nel 2014 dall’idea di due giovani ingegneri siciliani, Giovanni Milazzo e Antonio Caruso, che hanno inventato la prima bioplastica a base di canapa. Il loro progetto era quello di ridare nuova vita ai residui e agli scarti agricoli che, non considerati utili per le aziende produttrici, vengono spesso esclusi da ogni altro processo produttivo. La loro geniale intraprendenza ha fatto sì che questi vengano valorizzati per ottenere altri prodotti ecosostenibili. Così nasce l’hempbioplastic, filamento ottenuto dal canapulo, la parte interna e legnosa dello stelo della canapa. Questo materiale è estremamente resistente e leggero e può essere utilizzato per la stampa 3D, ma l’azienda vende anche rotoli di filamenti di canapa utili per la produzione di oggetti ex novo. In generale la bioplastica può essere utilizzata per creare oggetti di uso quotidiano ma anche per alcuni componenti delle automobili, particolarmente resistenti agli urti e leggeri, che consentono di consumare meno carburante. Il grande Henry Ford, ad esempio, fu il primo a produrre automobili con la plastica di canapa: nel 1937, combinando una piccola quantità di semi di quest’ultima e di soia, gli ingegneri ottennero un particolare materiale plastico, materia prima con cui fu fabbricata la Hemp Body Car (o Ford Cannabis), alimentata da etanolo di canapa, ed è proprio da qui che i due ingegneri siciliani hanno tratto l’ispirazione.



Oltre ad essere utilizzata per la produzione di oggetti biodegradabili la canapa può essere utilizzata per la produzione di biocombustibile in alternativa ai combustibili fossili tradizionali.


La produzione di combustibile a partire dagli olii vegetali delle piante è un fatto già noto ed utilizzato con altre specie vegetali come soia, colza, girasole e canna da zucchero. Alcuni paesi, come ad esempio il Brasile, ne hanno fatto già da anni il principale sistema di alimentazione dei propri mezzi di trasporto. A differenza delle colture tradizionali però, la canapa industriale consentirebbe la produzione di combustibile in duplice modo. Da un lato la possibilità di produrre bioetanolo attraverso la fermentazione degli scarti vegetali della pianta, dall’altro quella di produrre biodiesel utilizzando gli oli vegetali ottenuti dai semi.


Il processo più comune per la realizzazione del biodiesel a partire dagli olii vegetali di canapa è la transesterificazione. Si tratta di un trattamento chimico il cui principale risultato è la rottura delle molecole dei trigliceridi, che costituiscono gli acidi grassi caratteristici dell’olio vegetale e che sono responsabili della sua elevata viscosità. Per far ciò si utilizza un reagente alcolico (etanolo o metanolo) ed un catalizzatore (per esempio la soda caustica). Da questo processo chimico si ottiene sia il biodiesel che il glicerolo, un’altra sostanza molto pregiata ed utilizzata soprattutto nel settore chimico e farmaceutico.


Già nel 2010 il Professor Richard Parnas dell’University of Cunnecticut, insieme al suo team di ricercatori, aveva svolto numerosi esperimenti sulla creazione di biodiesel a partire dalla canapa ed il progetto aveva mostrato dei risultati molto promettenti, quali l’elevata efficienza di conversione (pari a circa il 97%) e la possibilità di utilizzazione a temperature più basse rispetto agli altri biodiesel in commercio. Ma i progressi in questo campo non si sono certo fermati. Nel 2021 la start up francese Quantum Energy ha annunciato un investimento di 19 milioni di euro per produrre, sempre a partire dalla canapa, metano ed idrogeno attraverso un impianto basato sulla pirogassificazione. Il progetto consiste nel trasformare la biomassa vegetale in gas attraverso il processo termochimico della pirolisi e permette allo stesso tempo la produzione di calore da utilizzare per il teleriscaldamento.


L’utilizzo della canapa per la produzione di combustibile mostra, rispetto ad altre coltivazioni più tradizionali, alcuni vantaggi molto evidenti:

  • Possibilità di non utilizzare le colture alimentari per la produzione di biocarburante.

  • Possibilità, grazie alla facile adattabilità della pianta, di utilizzare terreni di qualità inferiore che non possono essere utilizzati per le colture alimentari.

  • Possiede il più elevato rendimento per ettaro ed un tasso di crescita molto rapido (si possono produrre intorno alle 20 tonnellate per ettaro in 4 mesi)

Purtroppo, la fama che accompagna questa pianta, a causa del suo utilizzo come stupefacente leggero, ha generato non poche difficoltà nel suo processo di crescita commerciale (almeno per quanto riguarda quello legale). Sono tantissimi infatti gli stati che ancora oggi si oppongono alla coltivazione della canapa seppur in modo controllato e regolamentato. Per fortuna negli ultimi anni stiamo assistendo a dei segnali d’apertura nei confronti di un prodotto che, se usato nel modo corretto, potrebbe davvero rivelarsi molto utile nella vita di tutti giorni e che potrebbe darci una grande mano nel nostro percorso verso un mondo sempre più Green!


Articolo a cura di: Giuliano La Gaipa e Mariangela Pirari



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