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L’ultimo atto della follia trumpista

Speranzosi che, lasciato alle spalle l’anno appena trascorso, potesse presentarsi, dinnanzi ai nostri sguardi increduli, una rinnovata prosperità, non abbiamo tenuto in considerazione l’implacabile e imprevedibile scorrere del tempo. Nei primi giorni del 2021 sono già stati scritti alcuni determinanti capitoli della storia contemporanea: non tutti, però, presentano un esito positivo. Il recente assalto al Campidoglio degli Stati Uniti d’America è un avvenimento senza precedenti, la cui sottostima dimostra grave superficialità.


Ancora irremovibile nonostante la sua cocente sconfitta, il presidente uscente degli US, Donald Trump, ha orchestrato l’ultimo folle atto della sua presidenza: ponendo ulteriormente l’accento sull’infondata accusa d’illegittimità in merito alla vittoria nelle elezioni presidenziali del 2020 del candidato Dem, Joe Biden, le sue parole si sono rivelate decisive nella violenta deriva assunta dalla “Save America March” del sei gennaio, favorendo, dunque, la successiva occupazione del Campidoglio. Data destinata a divenire una pagina indelebile di storia, non soltanto americana, il sei gennaio appena trascorso dimostra ulteriormente la profonda crisi che caratterizza la società occidentale nel terzo millennio. L’ideale democratico si scopre tutt’oggi, pertanto, base fondante dello Stato e del valore civile, da custodire gelosamente.


L’inaccettabile atteggiamento trumpiano non può, conseguentemente, essere ulteriormente tollerato; sebbene le parole del presidente non siano ufficialmente macchiate di colpevolezza, chiaro è, invece, il ruolo che queste hanno giocato durante l’assedio di Capitol Hill. Il discorso tenuto da Donald Trump durante la marcia – ancora non violenta – tenutasi subito prima dell’assalto alla sede del Congresso americano, ha certamente contribuito a spingere nelle sale del Campidoglio, con intenti ancora non propriamente accertati, personaggi come “Jake Q Shaman”, al secolo Jacob Chansley. Tra le fila dei manifestanti, inoltre, vi erano altre figure particolarmente ambigue, come complottisti appartenenti alla dottrina QAnon, l’esercito Groyper, i Proud Boys e, probabilmente, neonazisti, incitati dal discorso presidenziale, atto a rallentare l’inesorabile conferma del collegio elettorale in relazione agli esiti delle elezioni presidenziali. Si rivela necessario puntualizzare che il deplorevole comportamento del presidente, il quale si dilettava nell’incitare la folla tramite i suoi canali social – dai quali è stato per giunta sospeso – ha favorito l’esplosione di una violenta protesta, culminata con la morte di quattro manifestanti e un poliziotto.


L’occupazione della sede del Congresso statunitense non può, dunque, essere oggetto di minimizzazione; non si tratta di un episodio isolato, bensì di un preoccupante indizio, il quale infiamma, altresì, il dibattito pubblico: appare particolarmente discutibile, innanzitutto, il trattamento riservato dalle forze di polizia alla maggior parte dei manifestanti, i quali sembrano quasi essere stati agevolati, in un primo momento, nel perseguire i loro scopi. Imprescindibile è, d’altra parte, il confronto con il movimento “Black Lives Matter” e la posizione repressiva assunta dalle forze dell’ordine in quella particolare circostanza, evidenziata dal presidente eletto Biden che sostiene:


«Black Lives Matter protesters would have been ‘treated differently’ at Capitol demonstrations»


Piuttosto enigmatica, infine, è certamente la scarsità di precauzioni adottate per prevenire un evento di tale portata, in un’America particolarmente attenta alla sicurezza pubblica sin dalla triste data dell’undici settembre 2001 e che, infatti, sembra decisa a stanziare ben più di ventimila unità di membri delle forze di polizia in occasione dell’insediamento del presidente Dem alla Casa Bianca.


Ancora una volta, risulta essenziale evidenziare l’infelice impiego di una retorica populista e carica d’odio e menzogne – ormai caratteristica dell’ex presidente Trump – la quale ha messo a repentaglio anche le vite dei rappresentanti di Camera e Senato, nello specifico il Vice-Presidente Mike Pence, paradossalmente accusato di non aver ribaltato le sorti della riunione del Congresso, annullando la vittoria di Biden, benché non fosse neppure costituzionalmente in suo potere. Pence è stato additato come un traditore che, venuto meno al suo dovere, non si è impegnato per salvare la patria. Sono innumerevoli gli aspetti controversi e gli interrogativi che aleggiano intorno all’assalto del Campidoglio, il quale va immancabilmente inteso come un monito, affinché tali eventi, estremamente rischiosi per le nostre democrazie, non si ripetano.


Articolo a cura di: Antonino Palumbo



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