L’energia rinnovabile nelle città italiane
La produzione di energia rinnovabile è estremamente rilevante per il ripensamento delle nostre città in chiave sostenibile e attenta all’ambiente. In particolar modo, le grandi città – spesso tra quelle che consumano più energia e che, in generale, registrano consumi più elevati rispetto alle zone periferiche – potrebbero trarre maggiori benefici da un ingente produzione di energia da fonti rinnovabili. In più, l’Unione Europea, sia per il rispetto degli impegni assunti, riguardanti la riduzione delle emissioni di gas nocivi, che per il raggiungimento dell’indipendenza energetica, è molto sensibile al tema.

Le analisi, datate al 2019, ci dimostrano che la quota di energia rinnovabile, sul totale del consumo energetico nazionale, è pari al 18,2%. Il dato, però, non è distribuito uniformemente sul territorio nazionale: infatti, territori diversi consumano quantità diverse di energia, a seconda dei mezzi di trasporto, del numero di abitazioni presenti e della densità abitativa. Per questo, è senz’altro vero che i centri urbani consumano maggiori quantità di energia…però, a questo consumo corrisponde l’utilizzo di fonti rinnovabili? Non sempre.
Prima di rispondere a questo interrogativo, è necessario precisare che i capoluoghi sono i veri e propri grandi consumatori di energia; dato che risulta ancora più evidente se rapportati al territorio provinciale di appartenenza. Prendendo a riferimento l’energia idroelettrica, il solare fotovoltaico e l’energia eolica, Genova è l’unico capoluogo a produrre energia da tutte le fonti rinnovabili considerate; alcuni comuni, invece, riescono a produrre energia da due fonti. Quindi, non sempre è possibile compensare il dispendio maggiore di energia con una più elevata produzione di energia rinnovabile.
Da Nord a Sud, la quasi totalità dei capoluoghi di provincia genera energia elettrica da fonte solare fotovoltaica in impianti di proprietà comunale; in più, l’energia solare può essere catturata in modo più o meno uniforme sul nostro territorio, diversamente da quanto accade per l’energia eolica, la cui produzione richiede necessariamente una conformazione geologica particolare, utile all’installazione delle famose “pale”.
Sette capoluoghi non producono alcuna fonte di energia rinnovabile e sono: Como, Viterbo, Isernia, Trani, Lecce, Crotone e Trapani; soltanto otto producono l’energia idroelettrica (Bergamo, Mantova, Vicenza, Genova, Massa, Terni, Roma e Napoli; e ancora meno, cioè tre, producono energia eolica, cioè Savona, Genova e Pisa.
Inoltre, per quanto concerne l’energia solare, è stata fondata una rete italiana per imprese, istituzioni, università e associazioni di categoria che mira alla promozione dell’agrivoltaico sostenibile, che consente di produrre energia elettrica da fotovoltaico e, contemporaneamente, di coltivare i terreni.

L’iniziativa è condotta dall’ENEA, a cui hanno aderito – tra le altre – anche Legambiente, Confagricoltura, Italiasolare e l’Università Cattolica di Piacenza e si inserisce nella cosiddetta “Rivoluzione verde e transizione ecologica” del Piano Nazionale Ripresa e Resilienza (PNRR), che per lo sviluppo dell’agrivoltaico prevede investimenti per 1,1 miliardi di euro.
Lo sviluppo dell’agrivoltaico può essere funzionale al superamento di alcune problematiche legate all’utilizzo del fotovoltaico e può rappresentare una nuova opportunità per gli agricoltori di evidenziare la sinergia tra produzione agricola e generazione di energia, oltre che essere utile ad una riscoperta delle comunità locali, periferiche e spesso abbandonate.
Articolo a cura di: Elenio Bolognese