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Jacques Lacan: il taglio significante

Noi non siamo senza un rapporto con la verità” afferma Jacques Lacan. Ed è proprio a causa di questo che appare così importante e significativo tentare di dare un volto alla nostra vita e alla struttura della realtà che ci circonda.



Prima di entrare nel pieno del pensiero lacaniano urge tuttavia dare qualche accenno biografico (e comunque rilevante) di un autore poco valorizzato nel panorama del pensiero predominante e noto. Jacques Lacan è stato un filosofo, psicanalista e psichiatra francese. Nato nel 1901 a Parigi viene indubbiamente influenzato dallo strutturalismo (principalmente Lévi-Strauss e Merleau-Ponty) e diviene noto nell’ambiente psicanalitico grazie alla celebre teoria dello stadio dello specchio. Significativo è l’anno 1963 quando viene espulso dall’IPA (comunità degli psicoanalisti), evento che lui ribattezzerà la scomunica. La motivazione di questa è eredità di una decisa divergenza tra Lacan e gli esponenti della Psicologia dell’Io (corrente predominante negli anni ’60) su due punti: la teoria del controtransfert, rispetto alla quale non entriamo nel merito; e l’interpretazione di una celebre asserzione freudiana: Wo Es war, soll Ich werden (letteralmente: là dove c’è Es deve avvenire Io). Rispetto a questo secondo nodo gli Psicologi dell’Io tendevano a tradurre l’affermazione di Freud come: l’Io deve sloggiare l’Es, e per fare questo lo psicanalista deve rafforzare l’Io stesso, impunemente bistrattato dall’Es. Lacan crede che tale interpretazione sia del tutto errata. Freud al contrario intendeva dire, a parere dell’autore, che là dove c’è Es deve avvenire Io, poiché Io è una finzione, è un impostore. Il luogo della verità del soggetto è il luogo dell’Es.


Risiede qui la rivoluzione e il coraggio lacaniano di voler ritornare ad una più fedele interpretazione delle parole di Freud. Il filosofo francese, tuttavia, non si accontenta di un riavvicinamento al padre della psicanalisi e per questo, a partire da esso, delinea un nuovo sentiero che ribattezzerei arbitrariamente (ma nemmeno troppo) linguistico. Secondo Lacan l’inconscio infatti non è sepolto, come vorrebbe la tradizione, ma al contrario è in superfice ed è formato come il linguaggio poiché condivide con esso la struttura e le regole. L’Io non può e non deve sloggiare l’Es poiché solo leggendo l’Es è possibile cogliere la rete di significanti che avvicinerebbero il soggetto alla propria verità. Facciamo attenzione: per Lacan lo psicanalista è solo un accompagnatore del paziente, il quale dovrebbe essere in grado, attraverso la terapia, di incamminarsi autonomamente verso la cura. Da qui un ulteriore distanza rispetto agli psicologi dell’Io che, secondo il parere dell’autore, avrebbero l’intenzione, al contrario, di dominare il paziente, rendendolo dipendente dal medico stesso.


Ci è ora possibile, poste brevemente le colonne portanti del pensiero lacaniano, approdare ad una domanda fondamentale che ha occupato il filosofo francese in vita: Che cos’è la vita umana?


Partiamo da una evidente diversificazione: mentre l’animale vive per il continuo soddisfacimento delle proprie pulsioni all’essere umano accade qualcosa che lo conduce a vivere la propria vita nella mediazione tra le proprie pulsioni e le norme. Il bambino inizialmente è un tutt’uno che gode della propria stessa pulsionalità, come dimostra l’immagine freudiana dell’infante che gode del seno della madre. Ad un certo punto accade tuttavia un evento: è quello che Lacan chiama il taglio significante. Questo “lacera” il corpo del bambino e impone ad esso una distanza dall’oggetto primordiale di godimento. Si tratta di quella che Lévi-Strauss chiamerebbe interdizione, è il nome del padre che introduce la legge, è l’introduzione del desiderio, è ancora l’ingresso plateale del linguaggio. Solo a partire da questo momento l’infante comincia a vivere realmente la propria vita e viene sottratto inoltre dalle fauci della madre. Come ci spiega Lacan infatti, non vi è nulla che illuda così fortemente di poter tornare al grumo pulsionale primordiale, che lo straordinario dono di avere un figlio in grembo.


Il soggetto inizia quindi a costruire la propria esistenza attraverso questo taglio, che solo è in grado di difenderci dall’irruzione del reale. Quest’ultimo non è che il bordo del taglio stesso, il residuo irriducibile della simbolizzazione, tutto ciò a cui non riusciamo a dare un senso, come la sessualità o la morte. Come potrebbe l’essere umano sopravvivere senza la salvifica elargizione del linguaggio?


Il significante ha rappresentato e rappresenta per l’uomo l’unica reale forma di vita. Come è straordinario leggere Artemidoro, oneirocritico del II secolo d.C. autore del celebre Libro dei sogni, e scoprire come i nostri desideri e le nostre paure non sono poi così distanti da quelle dei nostri antenati. Come è speciale notare la fervente necessità di interpretare, di simbolizzare, appunto di significare.


Articolo a cura di: Paolo Fisichella


Si consiglia per approfondimenti:

Lacan, Jacques, la direzione della cura, 1958

Lacan, Jacques, Il seminario Libro XI I quattro concetti della psicoanalisi 1964

Lacan, Jacques, Il seminario Libro XVII Il rovescio della psicoanalisi 1969-1970



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