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Io ho il diritto di scegliere la mia morte per il bene degli altri

L’anno appena terminato ha portato una grande novità: con oltre 1,2 milioni di firme – di cui 400.000 circa online – lo scorso 6 ottobre si è conclusa la raccolta delle firme necessarie per portare il referendum Eutanasia Legale proposto dall’associazione Luca Coscioni all’esame della Corte costituzionale. La legalizzazione dell’eutanasia è avvenuta – per quanto riguarda l’Unione Europea – nei Paesi Bassi, in Belgio, in Lussemburgo e in Spagna; in Italia invece si attendono le votazioni. In attesa di esse, non manca chi riporta alla memoria casi che sono rimasti impressi nell’opinione pubblica, come il caso di DJ Fabo e il caso Englaro: quest’ultimo è stato commentato dallo scrittore, saggista e semiologo italiano Umberto Eco, di cui quest’anno ricordiamo i 90 anni dalla nascita.



Nel suo articolo “Perché ho il diritto di scegliere la mia morte”, apparso su Repubblica il 12 febbraio 2009, Eco esordisce affermando di aver voluto intenzionalmente attendere nel pronunciare opinioni sul caso Englaro per due motivi: in primo luogo, lo scrittore non voleva in alcun modo sfruttare la vicenda di Eluana Englaro per ragioni ideologiche, come molti invece stavano effettivamente facendo; in seguito viene riconosciuto dal filosofo la difficoltà nel distinguere chi – durante la manifestazione davanti al palazzo di Giustizia a Milano – si fosse effettivamente unito agli appelli alla vigilanza e chi invece stesse protestando contro il presidente della Repubblica.


Essendo stato citato tra i nomi di colori i quali avessero le idee chiare sul caso Englaro, Umberto Eco rompe il suo silenzio affermando che in realtà lui le idee chiare non le aveva ma, essendo morta la ragazza, forse era giunto il momento di parlare “senza temere di far sciacallaggio su un corpo in sofferenza”. Eco decide di trattare non della morte della ragazza, bensì della sua, sulla quale ritiene di avere diritto all’esternazione. In quanto scrittore non può non citare il proprio romanzo La misteriosa fiamma della regina Loana in cui il protagonista cade in un coma – o stato di “vita sospesa” – in cui egli pensa, ricorda e si commuove nonostante sia consapevole del fatto che i suoi cari lo credano ridotto allo stato di una rapa.


Dopo aver affermato di credere un pochino che la sua finzione letteraria possa essere verosimile, lo scrittore si chiede cosa vorrebbe lui se si trovasse in una situazione del genere. Eco individua tre possibilità: sopravvivere come una rapa, rivivere il passato realizzando i nostri desideri oppure rimanere in quella vita sospesa chiedendosi cosa penseranno di noi i nostri cari e rivivere gli ultimi momenti di coscienza. In termini di possibilità si ha già perso in partenza, tuttavia la questione non è questa: lo scrittore si dichiara pronto ad affermare che in caso di vita sospesa non si protraggano le cure per evitare false speranze e spese mediche insostenibili ai suoi cari, ma non è detto che tutti vogliano evitare il paradiso virtuale ad ogni costo. Conclusa la riflessione, Eco afferma:



“Io ho il diritto di scegliere la mia morte per il bene degli altri. Guarda caso, è quello che mi ha sempre insegnato la morale, […] quello che mi hanno insegnato da piccolo, che Pietro Micca ha fatto bene a dare fuoco alle polveri per salvare tutti i torinesi […]. E dopo che mi avete insegnato tutto questo non volete che io sottoscriva alla sospensione di una vita sospesa per amore delle persone che amo?”


Articolo a cura di: Claudia Crescenzi



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