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Io e le case che abita

Ci sono luoghi che abitiamo e che portiamo dentro. Sono vuoti da riempire, che raccontano la vita della persona che ci vive dentro. Custodi di segreti e ostaggi di ricordi. Oggetti che “Io” mette insieme in tutta la sua vita, formando le tessere di un puzzle che è Il libro delle case.

Andrea Bajani racconta la storia di Io, su e giù nel tempo, le case che ha abitato e che si è lasciato alle spalle.

Le amicizie, l’università, l’amante, il matrimonio, la poesia. È un infante che insegue una tartaruga, è un bohemien che vive in una mansarda parigina, un adulto in carriera, studente universitario il cui armadio è una valigia, è marito in una casa borghese.

Quelle metrature, quei muri non sono altro che l’eco di un silenzio, di incomprensioni da dimenticare come bocconi amari, di tacere e subire.

La forza di Bajani, come poeta, sta nel rendere “casa” anche i non-luoghi: la cabina telefonica, una casa in verticale dove ci si lascia andare all’intimità (tra rabbia e desiderio) o “la casa del persempre” circolare come un anello.



Gli oggetti che riempiono le nostre stanze, cosa direbbero di noi se potessero parlare?

Cambiare casa è un po’ come mutar pelle, mostrarsi un pezzetto alla volta, ricercare una nuova cittadinanza come se questo dicesse di noi più di qualsiasi altra cosa.

“Come ogni feto non è mai pronto a uscire eppure vuole farlo per istinto; perché come ogni feto sa e non sa che è la vita fuori – quella cioè verso cui tende ogni suo movimento – quella che lo ucciderà.”




Il libro delle case, candidato al Premio Strega 2021, è un romanzo di lettura scorrevole, dove la breve durata dei capitoli spinge il lettore a inoltrarsi nella lettura, di sbirciare nella vita di Io dalla serratura della casa che abita, luogo per luogo.

Dedicato a chi, in vista di un nuovo cambiamento in arrivo, ha bisogno di guardarsi le spalle per riscoprire quanta strada è stata fatta.

Il consiglio è sempre quello: tornare indietro solo per darsi una spinta.


Articolo a cura di: Serena Votano



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