top of page

Il suicidio per amore nella letteratura (1): prime manifestazioni, epoca medievale e Rinascimento

Il suicidio per amore è sempre stato presente nella letteratura, indipendentemente dall’epoca o dal Paese. Chi non conosce Die Leiden des jungen Werthers (I dolori del giovane Werther)? Pubblicato nel 1774 da J. W. Goethe, questo romanzo ci mostra l’amore e il dolore che sente il protagonista per Lotte, una donna che non gli corrisponde: motivo per il quale pone fine alla sua vita.



Questo bestseller tedesco, nel bene o nel male, divenne un’opera canonica che ispirò molti autori di tutto il mondo e che segue, alla sua maniera, uno dei motivi letterari più famosi della storia: «la morte per amore». Ma da dove viene la sua origine?


Se dovessimo indicare il momento in cui si iniziò ad avere le prime manifestazioni del topico letterario «morire per amore» dobbiamo, prima di tutto, menzionare Ovidio e i poeti elegiachi classici. Ovidio, che ha vissuto tra gli anni 40 e 17 d. C. fu, se non il primo, uno dei primi a rappresentare questo topico con il suo Mito di Piramo e Tisbe. Questa storia ci presenta due giovani innamorati che, all’opposizione delle loro famiglie al loro amore, parlano di nascosto attraverso la crepa di un muro. Una notte, però, decidono di incontrarsi in segreto e, dopo che Tisbe arriva per prima e perde il velo per strada, una leonessa inicia a giocarci e lo rimpie di sangue. Quando Piramo arriva, pensa che la sua amata sia morta e si uccide con la sua spada. Poi Tisbe lo vede morto e decide anche lei di uccidersi.


In contrapposizione con Werther, Piramo e Tisbe non soffrono per un amore non corrisposto, ma per la perdita dell’amato – come posteriormente soffriranno Giulietta e Romeo nel romanzo omonimo di Shakespeare –. Nonostante questo, il suicidio si mostra di nuovo come la liberazione dell’individuo di fronte al dolore (in questo caso, non avere più l’amato).


Anche nel Medioevo molti trovatori cominciano a parlare della morte dopo l’impossibilità di compiacere la donna amata. In questo momento, domina la lirica provenzale e la concezione dell’«amore cortese», che mostra l’uomo sottomesso dal potere della donna, che deve essere soddisfatta. Molti autori di quest’epoca affermano che sia meglio morire piuttosto che essere un martire dell’amore. Così, la morte – o meglio: il suicidio – cominciò a vedersi nel Medioevo come la liberazione dai sentimenti di un amore «fallito», ciò che si avvicina più allá figura di Werther.


Tempo dopo, nel Rinascimento, abbiamo più esempi di morte intesa come liberazione dell’essere umano. Esempi di ciò sono le opere Tirant lo Blanc, di Joanot Martorell (1490), che ci mostra la morte volontaria di Carmensita dopo la morte del suo amato, il protagonista, o La Celestina, di Fernando Rojas (1500), che racconta la storia di Calisto e Melibea, due nobili che fuggono per amarsi e, dopo la morte di lui, lei decide di uccidersi. In questo periodo esce Giulietta e Romeo, da Shakespeare (1597), anche se prima ci sono state altre versioni, come quella di Luigi da Porto (1531) e quella di Matteo Bandello (1540), sulla quale Shakespeare si basò per scrivere quella che oggi conosciamo in una forma più globalizzata.


Però il viaggio non finisce qui: ce ne sono ancora molti esempi di morte per amore nella letteratura che vedremo nel prossimo articolo…


Articolo a cura di: Marta Cueva Camblor

20 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti
bottom of page