Il messaggio nascosto nella Trap
Come il genere, ad oggi, più screditato può dare il buon esempio ai giovani, soprattutto a chi vive in situazioni di degrado.

Negli ultimi anni è emerso, nel panorama musicale italiano, l’aumento dei testi espliciti riguardanti soprattutto l’uso di stupefacenti. Questo è dato principalmente dall’interesse, sempre più crescente, dell’ascoltatore medio maturato nei confronti del genere rap – negli anni si sono sviluppati diversi suoi sottogeneri – ma soprattutto della trap. Quest’ultima, infatti, nasce all’inizio degli anni Duemila negli Stati Uniti ed eredita il suo nome dallo slang di Atlanta, dove il termine “trap” indica il luogo di spaccio; non è quindi difficile immaginare che i temi principali trattati all’interno delle canzoni raccontino di droga e vita “di strada”.
Spesso sono state rivolte a questi artisti delle accuse, da parte di molti adulti, specialmente genitori, per cui i problemi legati alle droghe degli adolescenti odierni sarebbero causati dall’esempio che traggono dai testi trap. Di conseguenza, come spesso accade nel nostro Paese, si è verificata una sorta di caccia alle streghe, dove la colpa degli artisti sarebbe raccontare con i loro testi la vita che conducono o conducevano. A tal proposito, nel 2019, il trapper Sfera Ebbasta ha pubblicato una canzone ironica che denuncia una società troppo impegnata a puntare il dito, piuttosto che risolvere i suoi problemi. Il brano si intitola “Mademoiselle” e contiene una delle frasi più dirette e ironiche che l’artista abbia mai scritto:
«Se tuo figlio spaccia è colpa di Sfera Ebbasta / Non di tutto quello che gli manca».
L’artista denota la sua idea dell’Italia come Stato che si deresponsabilizza riguardo queste situazioni di disagio sociale che sono presenti, e sempre più evidenti, nel territorio nazionale.
Ciò che però, forse, molti non vedono dietro questi testi molto forti, è la voglia di rivincita degli artisti, i quali spesso provengono da situazioni familiari ed economiche difficili. Per molti giovani ascoltatori, questa musica non è tanto un altro modo per “essere alternativi”, quanto una dimostrazione che seguire con impegno e determinazione le proprie passioni può portare grandi soddisfazioni, anche a chi, fin da bambino, si è sempre sentito piccolo e ininfluente rispetto a ciò che lo circonda. La musica, ancora una volta, è un mezzo di speranza. Esempio più calzante è sempre Sfera, all’anagrafe Gionata Boschetti, al quale è stata recentemente dedicata una piazza nel suo comune di origine, Cinisello Balsamo. Questo gesto è clamoroso, perché per molti ragazzi della cittadina, conosciuta anche per il grande spaccio di droga, questa può essere l’ennesima prova che avere una vita onesta e soddisfacente, al di fuori di attività criminali, è possibile, anche a Cinisello, quindi anche per chi parte svantaggiato. L’artista, inoltre, non è un trapper qualunque: il suo ultimo album “Famoso”, infatti, è risultato il disco italiano più ascoltato di tutti i tempi nelle prime 24 ore, e si è guadagnato il disco di platino dopo solo una settimana.
Una delle cose che accomuna molti trapper è la capacità di sperimentare su sonorità prima misconosciute nel panorama italiano; ciò è probabilmente causato dalla loro vicinanza, anche intesa in senso prettamente fisico, a culture molto diverse tra loro: fattore caratteristico dei quartieri popolari alle periferie delle grandi città italiane. È proprio grazie a questa mentalità aperta alla sperimentazione che Sfera Ebbasta è riuscito ad inserire all’interno del suo album featuring con artisti italiani e internazionali molto diversi tra loro (da Marracash a J-Balvin, fino a Steve Aoki e Offset), i quali sono riusciti a portare ancora più in alto il nome di Sfera, anche al di fuori dell’Italia.
Sono diverse le ragioni per cui la trap piace – perché, oggettivamente, piace – dalle basi particolari e nuove, al sentimento di rivalsa che trasmettono gli artisti con i loro testi. Forse, però, prima di poter essere apprezzata anche dalle “vecchie generazioni” dovrà passare del tempo, e insieme a questo anche una visione più aperta, capace di abbracciare “Il nuovo”, che comprende anche questo diverso modo di comunicare degli artisti.
Articolo a cura di: Letizia Malison