Il ‘dolce per eccellenza’ della Sardegna: le ‘seadas’
Cosa pensereste se vi dicessi che a volte in Sardegna si cena con un dolce, eludendo volontariamente il classico banchetto composto da primo, secondo e contorno? La ‘sebada’, o ‘seada’, è talmente sostanziosa che volendo può rappresentare un pasto completo. È il ‘dessert’ tipico che di solito viene servito prima della torta nuziale ai matrimoni, grande poco più del palmo di una mano, ma in antichità (e quando si preparano in casa ancora oggi) era grande quanto un piatto. Si pensa che il nome derivi dal latino ‘sebum’, ovvero il grasso di origine animale, spesso utilizzato nelle ricette tipiche sarde. I principali ingredienti sono il miele sciolto e il formaggio filante, motivi per cui questo dolce viene mangiato caldo.
Ma vediamo insieme qual è la ricetta!

Ingredienti:
Per la sfoglia
Farina di semola di grano duro rimacinato, 500 grammi
Strutto oppure olio extra vergine di oliva, 50 grammi
Acqua tiepida, 240 grammi
Sale q.b.
Per il ripieno:
Formaggio pecorino o vaccino fresco o inacidito, 500 grammi
1 scorza di limone o arancia
Farina di semola di grano duro rimacinato q.b.
Olio EVO per friggere
Miele
Procedimento
Preparare l’impasto formando una fontana con la farina, a cui si aggiungono strutto e 100 millilitri di acqua versati lentamente. Mescolare gli ingredienti fino a ottenere un composto morbido che verrà lasciato riposare per 30 minuti a temperatura ambiente. Tagliare il formaggio fresco in strisce e metterlo a sciogliere sul fuoco a fiamma bassa. Se necessario, durante questo passaggio si può aggiungere qualche grammo di semola per assorbire l’acqua che il formaggio produce durante lo scioglimento. Una volta che è stato tolto dal fuoco, insaporire il filante con la scorza di un limone o di un’arancia e metterlo a raffreddare su una spianatoia.
A questo punto, stendere il ripieno per ricavarne dei dischi. Riprendere l’impasto, stenderlo e lavorarlo per ottenere altri dischi spessi mezzo centimetro. Mettere da parte la metà dei dischetti e spennellarci dell’albume. Adagiare sopra ognuno di essi un dischetto di formaggio. Usare l’altra metà per creare un altro strato di pasta sopra il ripieno e sigillare i bordi schiacciandoli con le dita, in modo che la farcitura non fuoriesca durante la cottura. Ripassare i bordi con una rotella sia per eliminare la pasta in eccesso, sia per avere dei margini frastagliati.
Adesso si possono friggere i dolci in olio bollente fino a quando la pasta non risulterà dorata. Il tocco finale lo si dà con il miele sciolto o con lo zucchero, ovviamente abbondanti: alcuni preferiscono il secondo, ma probabilmente la ricetta originale è con il miele, che in antichità era più semplice da reperire.
Perché il formaggio sia filante dopo la cottura è necessario che venga fatto inacidire: le donne sarde un tempo lo lasciavano riposare avvolto in un panno umido per un paio di giorni e in particolar modo, quello più consono è il pecorino, in quanto fila più facilmente rispetto a quello vaccino. Il sapore acidulo del formaggio, reso ancora più intenso dalla scorza degli agrumi, si sposa talmente bene con il miele dolce che le ‘sebadas’ sarde hanno varcato i confini dell’isola, portando quest’antica tradizione pastorale su tavole e palati che non avrebbero mai immaginato di incontrare un gusto in cui antichità e prelibatezza si fondono alla perfezione.
Buon Appetito!
Articolo a cura di: Mariangela Pirari