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Il dialetto siciliano al tempo del Coronavirus

Aggiornamento: 24 nov 2020

Come siciliansays ha raccontato il lockdown.



Chi capita per la prima volta sulla pagina @siciliansays tende ad avere la percezione di un progetto frutto del lavoro di chissà quale agenzia di comunicazione specializzata in social media. Dietro a questo progetto, invece, ci sono Giacomo e Carol, due ragazzi di rispettivamente 28 e 26 anni, siciliano lui, della provincia di Trapani, sarda lei, ma ormai siciliana d’adozione.


Il progetto @siciliansays nasce nel marzo 2019 in un momento di totale noia e nullafacenza: aspettando con ansia l’avvicinarsi della data in cui avrei discusso la tesi di laurea avevo iniziato a girarmi così tanto i pollici da non sapere più come rendere produttive le mie giornate. È così che a Carol viene l’intuizione giusta al momento giusto: da sarda, infatti, seguiva già da qualche mese la pagina @sardiniansays, dedicata alla traduzione della lingua sarda in inglese. Perché non proporre, quindi, qualcosa di analogo per una lingua altrettanto variopinta e ricca di espressioni bizzarre come quella siciliana?


Chiesta l’autorizzazione alle admin di @sardiniansays e ricevuto il via libera anche da @romeismore (la pagina da cui sono nati altri progetti come il nostro) il resto è arrivato da sé. Prende vita così la pagina @siciliansays, a dictionary to learn what a #siciliansays, una pagina, cioè, che aiuta chi non è siciliano a capire cosa dice un siciliano e chi è siciliano a riscoprire la bellezza e la ricchezza di uno dei dialetti più antichi d’Italia.


Ripercorrere adesso tutte le tappe del nostro percorso sarebbe troppo lungo, ecco perché vi invitiamo – se ancora non conoscete il nostro progetto – a fare un salto su Instagram e a scoprirle da soli, con l’aiuto anche delle storie in evidenza. Veniamo, quindi, a noi e ai tempi più recenti, quelli che ci hanno visti affrontare con la leggerezza che solo il siciliano sa portare un tema tanto delicato quale quello del Coronavirus. Durante i mesi più duri del lockdown, infatti, ci siamo sentiti in dovere di approfittare della popolarità della nostra pagina per veicolare, in maniera scanzonata, messaggi importanti e utili alla community.

Ripercorriamoli assieme, visto che – purtroppo – l’emergenza non è ancora passata.


Fase 1 – L’incredulità Sembrava fosse una semplice influenza che non dovesse nemmeno colpirci, visto che arrivava da lontano. Eppure, nel giro di pochi mesi, il virus è arrivato anche in Italia. Ci ha colti alla sprovvista, eravamo increduli di fronte alle prime restrizioni, non ne coglievamo il perché e ci sembrava tutto così esagerato. “Cosi di foddi” e “Ma cu l’avìa a diri” erano le espressioni sulla bocca di tutti.



Fase 2 – Le prime preoccupazioni Ben presto all’incredulità iniziale ha fatto seguito la preoccupazione per una situazione che nessuno era preparato a fronteggiare. Mentre Barbara D’Urso ci insegnava a lavare e disinfettare le mani, infatti, i telefoni di noi fuorisede domiciliati nelle prime zone rosse iniziavano a squillare con inviti come “Lavati ‘i manu, m’arraccumannu” e “Aviti a stari dintra/Ata stari e casi”.



Fase 3 – Andrà tutto bene Si sa, “Bon tempu e malu tempu nun duranu tuttu ‘u tempu” e così i balconi iniziano a riempirsi di striscioni e la gente si affaccia alla finestra suonando e cantando, perché non c’è rimedio migliore alla paura che esorcizzarla ridendo insieme. I messaggi di affetto tra i fidanzati residenti in regioni diverse (come noi) erano pieni pieni di “un ti scantari”.



Fase 4 – Chi la butta la spazzatura? Chiusi in casa il tempo sembra non passare più, c’è chi si lascia sprofondare nell’apatia e chi invece non vede l’ora che la mamma gli dica: “Vai a buttare la spazzatura, così ti vali comu nisciuta/ti vali pi sciuta”. Dopotutto “agghiorna e scura e sunnu ventiquattr’uri”: in qualche modo bisognerà pure passarlo il tempo.



Fase 5 – L’evasione impossibile Passano i mesi, arriva la primavera, le giornate si scaldano e restare in casa sembra sempre più difficile, anche se resta l’unica alternativa. Non tutti, però, si mantengono ligi al dovere e così i giornali e i social si riempiono di video e immagini di grigliate sui tetti dei palazzi e di improbabili fughe verso le spiagge. Non è semplice spiegare che restare a casa, evitando i contatti e gli assembramenti, è importante per tenere sotto controllo i contagi. Anzi, il più delle volte è come “raccumannari la pecura a lu lupu”. Col passare del tempo, però, la situazione sembra migliorare, i contagi sono in costante calo, l’estate è imminente, lalibertà sembra vicina.



Fase 6 – Ci risiamo Ci siamo illusi troppo presto, ci siamo concessi troppe libertà durante l’estate, abbiamo sottovalutato il problema e così rieccoci qui, con l’Italia divisa in tre colori, gli ospedali nuovamente in emergenza e nuove restrizioni da sopportare. Come andrà a finire? Difficile prevederlo, nel frattempo “ammuttamu”.



Collaborazione - articolo a cura di Giacomo Moceri di @siciliansays



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