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Identità e politica identitaria

Francis Fukuyama, politologo nippo-americano, pubblica nel 2018 un libro che vuole analizzare e, infine, spiegare il fenomeno della riemersione dei partiti populisti ed etnico-regionalisti e della politica dell’identità a partire dal significato stesso di identità, con riflessioni di interesse sociologico.



Cosa intendiamo con politica dell’identità? Se una volta le divisioni partitiche fondamentali erano individuabili in fattori economici o utilitaristici, oggi sempre di più, nei paesi occidentali, il popolo non chiede risorse di tipo materiale, ma riconoscimento della propria identità, della legittimità del proprio modo di esprimersi, il diritto di scegliere le condizioni e i termini della propria esistenza.


Per capire queste rivendicazioni di tipo identitario, Fukuyama parte dall’analisi dell’importanza dell’identità per la specie umana: il thymos socratico, ovvero l’ira e l’orgoglio insiti nell’uomo, sono alla base dell’identità. Questo thymos si articola in isotimia – esigenza di essere rispettati dagli altri in quanto pari – e megalotimia – voler essere superiori agli altri. Le democrazie liberali moderne hanno cercato di rimuovere dal gioco politico la parte megalomane del thymos per spingere invece sulla parte della parità: pari diritti, uguaglianza, pari dignità. La dignità, che per secoli è stata riservata a date classi sociali – ai guardiani nell’antica Grecia di Socrate, e poi ai monarchi, all’aristocrazia, alla borghesia – finisce, con le rivoluzioni liberali, per essere anch’essa “cosa di tutti”, come la Repubblica. Per la prima volta viene riconosciuto il diritto ad una dignità universale, che con il passare degli anni diventa un diritto alla dignità specifica di ogni minoranza: delle donne, della comunità LGBTQ+, della comunità nera, degli immigrati e così via per sottocategorie sempre più ristrette. Questa suddivisione sempre più specifica in gruppi di persone con lo stesso vissuto, se da una parte è un fattore positivo perché crea comunità di persone solidali, può anche provocare una forte frammentazione della società.


La questione dell’identità investe interamente la vita delle democrazie e modifica la missione dei partiti. A tal proposito, Cristopher Lasch sostiene che “la sinistra si è concentrata meno sulla diffusione dell’uguaglianza economica e più sulla promozione degli interessi… di neri, immigrati, donne, ispanici, la comunità Lgbt, rifugiati e simili” mentre la destra intanto si sta ridefinendo come “organizzazione di patrioti che cerca di difendere la tradizionale identità nazionale”. La difesa della classe operaia viene così progressivamente soppiantata dalla difesa dei diritti emergenti: il riposizionamento della sinistra produce inavvertitamente l’affermazione di una politica del risentimento. L’uomo bianco occidentale scopre per la prima volta cosa significhi sentirsi invisibile, umiliato e soppiantato da altri gruppi, e la sensazione non è piacevole.



Se la modernità determina il riconoscimento dell’identità come qualcosa di profondamente individuale, che riguarda l’Io interiore in contrapposizione al mondo esterno, alla società che cerca di opprimere il singolo; con l’era contemporanea si ha il ritorno dell’identità che si realizza nel gruppo sociale, etnico, politico e tanti altri.

Il multiculturalismo mira a stabilire una pari valutazione per ciascuna delle varie culture, ma è diventato più facile parlare di rispetto e dignità che farsi avanti con progetti potenzialmente costosi capaci di ridurre in concreto la disuguaglianza. Inoltre, la nascita della politica identitaria è stata favorita dal mutamento tecnologico, che ha accelerato la frammentazione delle società liberali.


Fukuyama termina il suo saggio affermando che pare che il nostro mondo si muova simultaneamente in direzione di due opposte distopie: una è quella della società iper centralizzata cinese, l’altra è rappresentata dal modello americano frammentato in diverse comunità autosufficienti, delimitate dai confini culturali. Fortunatamente queste sono versioni distopiche del futuro, che spesso vengono semplicemente consegnate alla letteratura.



L’identità è il tema che sta alla base di molti fenomeni politici odierni, dai nuovi movimenti populisti nazionalisti, ai combattenti islamisti, alle controversie che si accendono nei campus universitari. Non smetteremo di pensare a noi stessi e alla nostra società in termini identitari, ma dobbiamo ricordare che le identità in noi non sono invariabili né necessariamente ci vengono fornite alla nascita. Come ci ricorda alla fine del suo libro Fukuyama “L’identità può essere usata per dividere, ma anche, come è successo, per integrare.”.


Articolo a cura di: Arianna Roetta



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