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Governo: tra politica e diritto

Dal suo primo insediamento, il governo Conte è stato oggetto di innumerevoli contestazioni circa la legittimità del suo mandato e il premier ha dovuto far fronte a situazioni tumultuose di sciacallaggio mediatico e contrasti tra i partiti politici.

Prima di parlare di legittimità e, eventualmente, rivolgere delle “condanne”, sarebbe opportuno analizzare la questione dal punto di vista terminologico. Cosa vuol dire legittimità? Essa indica la conformità alla situazione o condizione prescritta dal diritto. Nel caso specifico, un Governo, per poter esser conforme al diritto, deve essere giuridicamente legittimato. Nel nostro ordinamento, la Costituzione, all’art. 93, prevede che il Governo sia legittimato giuridicamente con il giuramento dinanzi al Presidente della Repubblica, che nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo i ministri (art. 92 Cost.) e politicamente dal Parlamento, rappresentante della sovranità che appartiene al popolo, ma che viene esercitata nelle forme e nei limiti previsti dalla Costituzione (art.1 Cost.). Dunque, ogni Governo che attraversi tutti questi passaggi, non può che considerarsi legittimo. Ma ripercorriamo i fatti accaduti da due anni a questa parte.


Nel 2018 si insediò il 65°esecutivo della Repubblica italiana, un governo di coalizione, nato dall’accordo tra due partiti politici in netto contrasto tra loro, M5S e Lega. Il fallimento delle prime due consultazioni, scatenato dalla contrapposizione dei due leader, Di Maio (M5s) e Salvini (Lega), ha reso necessario l’intervento del Presidente della Repubblica, il quale, necessitando di un arbitro che placasse il clima di antagonismo innescatosi, incaricò prima Cottarelli di formare un nuovo governo, salvo poi ripiegare nuovamente su Conte, entrato in carica il 1° giugno.

Il ruolo del presidente del Consiglio, durante il primo mandato, è stato sicuramente meno incisivo all’interno del complesso governativo, in quanto ampia possibilità d’azione venne concessa ai due vicepremier. Il governo ebbe vita breve, poiché Conte rassegnò le dimissioni nel settembre 2019 in seguito alla mozione di sfiducia presentata – ma non votata, e poi ritirata – da Salvini. Ha inizio, così, la crisi di governo. Dinanzi alla possibilità di ottenere una maggioranza parlamentare tra M5s e PD, Mattarella conferisce a Conte il compito di formare un nuovo governo, che entra ufficialmente in carica il 4 settembre dello stesso anno e tutt’ora in corso.


Tra i due Governi vi sono enormi differenze. Se, da un lato, il premier è rimasto il medesimo, dall’altro questi ha rivestito due ruoli diversi: nel primo governo, infatti, Conte risultò quasi un fantoccio tra due domini; nel secondo, invece, riesce a riappropriarsi del suo ruolo ed essere un Premier incisivo. In quest’ultimo caso, infatti, si riscontra un maggiore rispetto dell’art. 95 Cost., in quanto il presidente del Consiglio diviene “primus inter pares” e organo determinante a tutti gli effetti.

Un importante ruolo è stato svolto dal Presidente della Repubblica, il quale ha diretto le consultazioni ha conferito il titolo di capo dell’esecutivo al soggetto indicato dalle forze politiche. Importante è anche il fatto che Mattarella, dinanzi alla criticità delle condizioni di governo, abbia cercato di risolvere la questione trovando una soluzione tra le forze politiche già presenti, senza ricorrere allo scioglimento anticipato delle camere, come previsto dall’art. 88 Cost.


Veniamo adesso al problema della legittimazione politica e legittimità giuridica. Anzitutto, distinguiamo la legittimazione politica da quella costituzionale. In entrambi i governi, si è visto come si siano create delle maggioranze politiche ottenute dall’unione dei partiti M5S-Lega e M5S-Pd. Se inizialmente il M5S ha ottenuto il 32%, riscontrando una maggioranza indiscussa, in seguito alle elezioni amministrative regionali tenutesi quest’anno, lo stesso partito ha palesemente subito un tracollo, con una perdita di circa 8milioni di voti in due anni. Ciononostante, il Movimento continua a rimanere in carica senza l’effettivo volere del popolo espresso da nuove consultazioni elettorali, assumendo decisioni di una certa importanza.


E qui si pone il problema della rappresentanza politica che, in un sistema democratico quale è il nostro, costituisce l’elemento centrale. La rappresentanza è l’azione svolta da qualcuno nella vece e nell’interesse di qualcun altro. Gli organi dello stato hanno natura rappresentativa in quanto operano per l’interesse della collettività. Il nuovo governo vede la collaborazione di due partiti politici distinti Pd e M5s, ma, tra loro, affini. Le idee professate da questi due partiti, però, per quanto tra loro affini, naturalmente possono non essere condivise da tutti. L’ideologia fortemente relativista e multiculturalista, la legalizzazione delle unioni civili e la conseguente possibilità di costituire “famiglie arcobaleno”, la “cultura della morte”, con un approccio sempre più favorevole all’eutanasia e all’aborto, possono, infatti, non riscontrare il favore del popolo. È chiaro, però, che si tratta sempre di un aspetto prettamente politico.


Pertanto, è lecito dire che il nuovo governo sia politicamente illegittimo, in quanto decisioni fondamentali per il nostro Paese provengono da chi attualmente non possiede il consenso del popolo – espresso tramite consultazioni elettorali – ma, costituzionalmente, non si può parlare di illegittimità. Non vi sono basi solide per definire un tale governo giuridicamente illegittimo, questo perché, così come nel primo governo la Lega, adesso il Pd ha costituito un governo con il M5s nel pieno rispetto della Costituzione. Inoltre, se il Presidente della Repubblica avesse disposto lo scioglimento delle camere indicendo nuove elezioni, cosi come spera tutt’ora il resto dell’opposizione politica, ne sarebbe conseguita la premiazione di un partito anziché di un altro, attraverso la manipolazione di sondaggi che avrebbero determinato la distruzione della democrazia.


Resta comunque ad oggi l’insoddisfazione popolare, assieme alla disapprovazione di un’opposizione inferocita che spera ancora di poter, in qualche modo, essere considerata all’interno di questo complesso sistema. E in un clima così teso, il nostro presidente della Repubblica cosa avrà in serbo per il futuro del nostro Paese?


Articolo a cura di: Marica Cuppari



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